MILANO – Tra le polemiche e le accuse, Donald Trump va in visita a Dayton, in Ohio, e a El Paso, in Texas, dove nel fine settimana 31 persone sono state uccise a colpi d’arma da fuoco. Ad attenderlo ostilità e proteste, mentre di nuovo negli Usa si sono accese le polemiche sul controllo sulle armi da fuoco. E dopo che il repubblicano è stato ampiamente accusato di aver alimentato l’odio, la divisione e il razzismo, e quindi la violenza.
Prima di partire, alla Casa Bianca Trump ha parlato ai giornalisti e si è scagliato contro chi lo accusa: le recenti stragi “non hanno nulla a che fare con il presidente Trump”, “chi mi critica sono politici che stanno tentando di guadagnare punti. In molti casi si tratta di candidati alla presidenza”, ha detto. Aggiungendo: “Penso che la mia retorica unisca la gente”.
Il magnate è arrivato con la first lady Melania a Dayton, nel nordest del Paese, dove un uomo armato ha ucciso nove persone nella notte tra sabato e domenica. Prima tappa, l’ospedale dove sono ricoverate alcune vittime. Non lontano si erano radunati centinaia di dimostranti, con cartelli infuocati contro di lui e con il Baby Trump Balloon, il grande pupazzo gonfiabile che ritrae il magnate come un neonato.
Sugli striscioni, i manifestanti hanno esortato Trump a smettere di assecondare la potente lobby delle armi Nra, che blocca qualsiasi tentativo di controllare il mercato delle armi da fuoco, e a vietare i fucili d’assalto. Lui però, prima di partire, aveva già chiarito che a Washington c’è “poco desiderio politico” di fare quest’ultima mossa, nonostante i fucili in stile militare siano spesso usati nelle stragi. Tra cui, infatti, quella di Dayton.
Il magnate si è detto favorevole a una legge che regoli l’accesso alle armi
“Credo che questi controlli siano importanti. Non voglio mettere le armi in mano a persone mentalmente instabili, piene di rabbia o d’odio”. Ad appena 13 ore dalla strage di Dayton, un altro giovane aveva sparato a El Paso, uccidendo 22 persone, tra cui almeno sette cittadini messicani. L’autore della strage aveva scritto, in una sorta di ‘manifesto’ pubblicato online, le stesse espressioni usate dal tycoon: per esempio, il termine “invasione” per descrivere l’arrivo dei migranti.
Parola che Trump usa regolarmente, oltre ad aver descritto i messicani come “stupratori” e “criminali”, ad aver riso di recente quando a un comizio qualcuno ha ipotizzato di sparare ai profughi, o ancora ad aver invitato a “tornare” ai loro Paesi quattro deputate democratiche progressiste afrodiscendenti.
Un linguaggio “tossico”, denuncia l’ex vice presidente Joe Biden in un discorso di cui sono state diffuse anticipazioni. Il favorito nella corsa alle primarie Dem in vista alle elezioni presidenziali del 2020 aggiunge: “In un linguaggio chiaro e in codice, questo presidente alimenta le fiamme della supremazia bianca”. (LaPresse/AFP)