MILANO – “Abbiamo formulato indicazioni basate sul principio di massima cautela per l’impiego dei vaccini a vettore adenovirale, quindi non solo AstraZeneca ma anche Johnson&Johnson. Non darlo sotto i 60 anni”. Così il presidente dell’Aifa e membro del Cts Giorgio Palù in un’intervista al Corriere della Sera. “Stiamo parlando di reazioni gravi come i casi di trombosi molto rare accompagnate da carenza di piastrine, non erano emersi negli studi validativi e si sono manifestati nel corso della vaccinazione di massa su decine di milioni di persone. Non potevamo prevederle prima. La scienza funziona così. Segue un metodo fondante: rimettere sempre in discussione ciò che sembra acquisito. Ecco perché non c’è nulla di contradditorio. Si agisce nell’interesso della salute umana”, rimarca,
“Alcune Regioni si sono attenute alle raccomandazioni di uso preferenziale dei vaccini AstraZeneca e J&J sopra i 60 anni, come Friuli-Venezia Giulia e Veneto. Altre no, come il Lazio di cui però vanno apprezzate molte iniziative. Se abbiamo tratto una lezione da questa esperienza, segnata purtroppo dalla dolorosa, recente perdita di una ragazza, è che le decisioni sulla strategia vaccinale vanno prese in modo perentorio a livello centrale pur nel rispetto dell’autonomia regionale. Di fronte a calamità nazionali è lo Stato che deve prendersi carico della regia”.
Chi si è vaccinato con AstraZeneca ed è oltre i 60 può fidarsi di bissare con una seconda dose omologa “con tranquillità. Il rapporto tra il rischio di avere problemi gravi per colpa della dose e il beneficio di evitare il Covid è nettamente favorevole a quest’ultimo anche in una fase di bassa circolazione del virus, qual è quella attuale. Negli over 60 non abbiamo mai visto reazioni avverse di tipo trombotico”, spiega Palù.
Negli adolescenti vaccinati con Pfizer “le reazioni avverse come le miocarditi registrate in Israele, che ha già vaccinato larga parte della popolazione, si sono verificate, in rarissimi casi, in giovani-adulti maschi sopra i 16 anni e si sono tutte risolte senza serie conseguenze. Il Sars-CoV-2 può causare questa patologia con frequenza superiore”. Occorre “avere fiducia nella scienza, guardare con ottimismo al futuro. I parametri dell’epidemia sono tutti in calo, rapidamente. Siamo arrivati a un’incidenza settimanale di casi, 25 su 100mila abitanti. Con questi numeri si possono individuare sul nascere i focolai”.
(LaPresse)