Vanzina: “Il cinema popolare andrebbe fatto vedere a scuola”

Lo sceneggiatore romano, regista e autore di cinema si commuove parlando del fratello

Foto Fabrizio Corradetti / LaPresse 18 ottobre 2018 Roma, Italia Spettacolo Festa del Cinema di Roma 2018 Red carpet inaugurale Nella foto: Enrico Vanzina Photo Fabrizio Corradetti / LaPresse 18 october 2018 Rome, Italy Show Rome Film Festival 2018 Inaugural red carpet In the photo: Enrico Vanzina

ROMA – “Il cinema popolare andrebbe fatto vedere a scuola così i ragazzi saprebbero qualcosa sul nostro paese e invece non sanno nulla”. Così Enrico Vanzina, oggi, a Castiglione della Pescaia, in occasione della presentazione del libro “Mio fratello Carlo” (edito da HarperCollins) alla Festa del Cinema di Mare (rassegna cinematografica dedicata al rapporto tra l’uomo e il mare). Lo sceneggiatore romano, regista e autore di cinema si commuove parlando del fratello: “con Carlo abbiamo imparato tanto da maestri del cinema come Dino Risi, un regista che non se la tirava mai ed era sempre disponibile con i giovani autori”.

“L’ho chiamato romanzo – prosegue l’autore – perché se dal nome Carlo Vanzina leviamo Vanzina è la storia di Carlo, una storia universale”. Vanzina, poi, racconta anche un aneddoto su Castiglione della Pescaia: “non venivo qui da 50 anni e venni, una volta, perché mi piaceva una ragazza e facemmo anche il bagno di mezzanotte. Mi venne la tosse e non ci combinai niente”. “È un libro che ho dovuto scrivere – ha detto Vanzina – scritto in 50 giorni. Mio fratello ha messo in scena tanti personaggi e attori e io scrivendo questa storia l’ho reso personaggio, come nei suoi film”.

Cosa è per me questo libro? “È una grande storia d’amore fatta di esperienza e di amore per il cinema”. “Tra gli aneddoti che racconto nel libro – ha continuato Vanzina – è quando Carlo diceva che se fossimo stati americani, ‘Ghost’ lo avrebbero fatto girare a noi”. E tornato sulla commedia all’italiana dice: “la commedia italiana è stata un’esperienza fenomenale, ci siamo rimboccati le maniche per fare ridere il paese dopo la guerra”.

(LaPresse)

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