Venezuela, scontri tra soldati e golpisti: 4 morti

Il presidente Maduro: "Non indietreggeremo"

CARACAS – “Soldati della patria, è arrivata l’ora di combattere”, “di mostrare al mondo che il Venezuela ha forze armate unite, leali” con cui “sconfiggere gli intenti golpisti dei traditori venduti ai dollari di Washington”. Il presidente Nicolas Maduro parla ai militari e sfila con migliaia di loro nella caserma Tiuna, la più grande del Venezuela, per rimarcare che l’esercito, pilatro del suo potere, è con lui. Martedì alcuni soldati sono passati con l’opposizione, guidata dal presidente ad interim autoproclamato Juan Guaido, che ha tentato di lanciare una rivolta dei militari. “Sì, siamo in pieno combattimento, il morale dev’essere al massimo nella lotta per disarmare tutti i golpisti”, ha tuonato Maduro nel discorso trasmesso da tv e radio. Al suo fianco il ministro della Difesa, il generale Vladimir Padrino, e altri vertici dell’esercito.

Mercoledì sera il successore di Hugo Chavez aveva annunciato che “non esiterà” ad arrestare “i traditori” responsabili della tentata sollevazione. Guaido aveva lanciato l’appello alla rivolta circondato da 27 “coraggiosi soldati”, dalla base militare de La Carlota, caserma attorno cui si erano poi radunati i suoi sostenitori e dove ci sono stati violenti scontri. Circa 25 militari ribelli hanno poi chiesto asilo al Brasile nell’ambasciata a Caracas. E uno dei leader dell’opposizione, Leopoldo Lopez, che era ai domiciliari, ha annunciato di essere stato liberato, è comparso a fianco di Guaido e si è rifugiato nell’ambasciata di Spagna.

Negli scontri fra sostenitori di Guaido e Guardia nazionale bolivariana sono morte quattro persone, secondo ong, opposizione fonti familiari; due di esse non avevano 18 anni. Nonostante la disfatta, il presidente autoproclamato ha invitato a proseguire le proteste e invitato a scioperare. Ed è altissima nel frattempo la tensione internazionale attorno al ‘caso’ Venezuela. Per Maduro, l’ordine di tentare il golpe proviene da John Bolton, consigliere alla Sicurezza nazionale del presidente statunitense, Donald Trump. Gli Usa, così come una 50ina di Paesi, riconoscono Guaido come presidente e hanno imposto dure sanzioni, tra cui l’embargo sul petrolio.

Washington ha anche evocato l’opzione militare: “Possibile, se necessario”, ha detto il segretario di Stato Mike Pompeo. Trump giovedì ha chiesto la fine della “brutale repressione” del popolo venezuelano, mentre un funzionario statunitense ha annunciato che Pompeo e il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov discuteranno la situazione quando si vedranno la prossima settimana in Finlandia. Mercoledì Usa e Russia, che assieme alla Cina sostiene Maduro, si erano reciprocamente accusate con durezza: Lavrov ha detto che gli Usa hanno “un’influenza distruttrice” sul Paese, mentre Pompeo ha accusato Mosca di “destabilizzarlo” e ha chiesto che smetta di sostenere Caracas.

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