di Dario Borriello
ROMA (LaPresse) – Confindustria “non è un partito di opposizione”. Firmato Vincenzo Boccia. Destinatario del messaggio è il ministro dello Sviluppo economico e vicepremier, Luigi Di Maio. Reo di aver rivolto “parole ingenerose” puntando il dito contro gli industriali, accusati di fare “terrorismo psicologico” sul decreto Dignità. Ciò, dopo le osservazioni avanzate in audizione alla Camera sugli effetti delle misure previste, che a parer loro sarebbero “peggiori delle stime”.
Il livello dello scontro si sta alzando ora dopo ora. E, anche se per il momento sembra rimanere ancora sotto la soglia di allarme, la tensione è altissima. Boccia rivendica maggiore rispetto per la categoria che rappresenta: “Gli imprenditori sono cittadini che vogliono confrontarsi con l’esecutivo”, rivendicando il diritto alla critica verso “strumenti utilizzati dal governo, non verso il governo”. Il leader di Confindustria sceglie un terreno di comunicazione tipicamente ‘grillino’, dosa e usa le parole con un metodo. Almeno è questa l’impressione che fornisce. “Due milioni 3 e mezzo di cittadini-imprenditori che vogliono confrontarsi su parti del decreto, i contratti a termine non sono precarietà, caporalato e lavori sottopagati lo sono e bisogna dirlo, altrimenti si crea solo confusione”.
Il numero uno degli industriali, per rendere meglio l’idea, dice sarcasticamente di avere avuto una “crisi di identità davanti allo specchio stamattina”, dopo aver letto le dichiarazioni di Di Maio
Perché a suo modo di vedere le proposte presentate in audizione alla Camera erano “di buonsenso” e potevano “migliorare” il decreto Dignità. “Avevamo teso la mano al governo”. Tanto che per corroborare la sua tesi fa notare come “l’audizione di Rete Imprese Italia converge sui punti di soluzione che abbiamo proposto anche noi”. Dunque è inspiegabile la reazione del ministro dello Sviluppo economico. Oltretutto “abbiamo detto che condividiamo i fini del governo di ridurre l’uso dei contratti a termine”.