MILANO– Amore non è insulti, non è schiaffi, non è offesa. Quello della violenza sulle donne è ancora un fenomeno troppo diffuso: da inizio 2021 sono 38 le donne uccise da chi diceva di amarle. La prima cosa da fare è denunciare, senza avere paura.
L’ultima vittima è Vanessa Zappalà: uccisa nel Catanese, a 26 anni, dall’ex fidanzato, di cui al momento sono in corso le ricerche da parte delle forze dell’ordine.
Lucia Annibali, oggi parlamentare di Italia Viva, nel 2013 è stata sfregiata con l’acido da due uomini, mandati dal suo ex, Luca Varani, condannato nel 2016, in via definitiva, a 20 anni di carcere per tentato omicidio e stalking. “A volte le denunce non bastano, sono soggetti che non rispettano le regole – dice a LaPresse -. Aveva un divieto di avvicinamento, oggi è un reato autonomo, ma non è ancora sufficiente. Bisogna rendersi conto anche della pericolosità del soggetto che si ha di fronte e adottare misure anche restrittive che però consentono di proteggere la donna”. Con la riforma del processo penale, “è previsto l’arresto in flagranza in questi casi”.
La prima cosa da fare è non restare in silenzio: dietro a una sola offesa o un solo gesto violento può nascondersi il peggio. “Parlare, confidarsi, chiedere aiuto – afferma Annibali – è necessario: serve per uscire dalla spirale della violenza. Restare chiusi in quel microcosmo, non è salvezza”.
Annibali spiega che “in un certo senso” si sente una “sopravvissuta”: “Ho alle spalle una cosa enorme, che avrebbe potuto avere un altro epilogo, anche sul piano della salute. Ne porto i segni, ma oggi sono una donna che vive la sua vita”. Il rischio che si corre è “rimanere intrappolati”, ma l’esperienza della violenza “non è definitiva, non è un per sempre”. “Va superata, occorre incontrare persone capaci di aiutarti, di capire, persone che non abbiano giudizi, che siano adeguate”, conclude.
di Laura Pirone