LUSCIANO – Una spedizione punitiva avvenuta in pieno giorno: è questo il tema dell’indagine, condotta dalla polizia, che ha portato all’esecuzione di sei misure cautelari. Su ordine del giudice Chiara Bardi del Tribunale di Napoli, sono stati sottoposti ai domiciliari Gaetano Della Volpe, 22enne, nipote del boss Raffaele, Giovanni Profita, 38enne, Roberto Marino, 25enne originario di Corigliano Calabro, Giorgio Pisciotta, 38enne, Emanuele Zuppa, 36enne, alias ‘o mussut, e Anouar Suifil, 26enne del Marocco, tutti residenti a Lusciano.
Ai sei vengono contestati dalla Dda di Napoli i reati di lesioni con l’aggravante del metodo mafioso e detenzione illegale di armi.
A scatenare il pestaggio, avvenuto il 6 luglio scorso, sarebbe stata una lite, verificatasi il giorno precedente, tra quella che sarà la vittima dell’aggressione al bar Agorà e uno degli indagati, Pisciotta.
Ad attirare la vittima davanti al locale, sostiene l’accusa, sarebbe stato Della Volpe, che l’aveva convinto a incontrarsi per parlare di quanto accaduto con Pisciotta, suo cognato. Ma il vero obiettivo del nipote del boss, ipotizza la Direzione distrettuale antimafia partenopea, non era chiarire il precedente alterco, ma picchiarlo. Infatti, al bar Agorà la vittima dovette confrontarsi non solo con Della Volpe, ma anche con gli altri cinque indagati armati di mazze, tirapugni e uno storditore elettrico. Il nipote del boss e Profita avrebbero bloccato la vittima, tenendolo per le braccia, consentendo agli altri di colpirlo.
Lo storditore elettrico sul ragazzo sarebbe stato usato Suifil. Un’aggressione che ha causato ferite alla vittima giudicate guaribili dai medici del pronto soccorso dell’ospedale Moscati di Aversa in 15 giorni.
I sei, finiti ora agli arresti domiciliari, affronteranno l’interrogatorio di garanzia domani. Il provvedimento eseguito ieri dagli agenti della Squadra mobile di Caserta e del commissariato di Aversa è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, contro cui gli indagati, da ritenere innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile, potranno presentare ricorso al Riesame.
Nel collegio difensivo gli avvocati Massimo D’Errico, Luciano Mariniello, Gaetano Laiso e Giuseppe De Lucia.
Dietro il pestaggio l’ombra del boss Della Volpe
Il pestaggio non era bastato. L’esito della spedizione punitiva non aveva soddisfatto chi l’aveva organizzata. A raccontarlo agli investigatori è stata proprio la vittima. Se è scattata l’indagine sull’aggressione di luglio al bar Agorà, è perché i poliziotti avevano appreso da una fonte confidenziale delle minacce rivolte a Pisciotta e della successiva lite nel locale di via Costanzo.
Recepite queste informazioni e visionate, per riscontrarle, le telecamere su quanto accadde il 6 luglio, gli agenti convocarono alcuni giorni dopo in commissariato la vittima Si presentò con il volto ancora tumefatto e raccontò le tappe del pestaggi. Dopo aver subito l’aggressione, la vittima riferì di non essersi sentita più al sicuro. Nel pomeriggio, mentre era a bordo della sua auto, disse agli investigatori, incontrò di nuovo Pisciotta. Quest’ultimo era in macchina con il suocero, Nazario Della Volpe (fratello del boss Raffaele): sceso dall’abitacolo e armato di mazza, tentò di bloccare la corsa della vittima, che però riuscì a proseguire la sua marcia.
Intanto alcuni familiari lo chiamarono dicendo che fuori casa loro avevano avvistato delle auto scure, probabilmente con all’interno personaggi che lo attendevano. In serata, inoltre, raccontò ai poliziotti, ricevette una chiamata da un suo conoscente di Lusciano che lo invitava a raggiungerlo a casa sua, dove c’erano ‘i suoi amici’ che lo stavano aspettando. Decise così di non tornare a Lusciano. Alcune ore dopo si fermò in un bar ad Aversa, dove era solito trattenersi, e il proprietario gli disse che una persona di Lusciano, ad entrambi nota (lo stesso che lo aveva telefonato), gli aveva chiesto se lo avesse visto, perché c’era Raffaele Della Volpe che voleva parlargli.
Se la vittima non denunciò quanto aveva subito, stando a quanto ha spiegato agli investigatori, è per paura proprio di Raffaele Della Volpe, dato che sapeva che fosse un esponente del clan dei Casalesi. Agli agenti lo etichettò come un ‘personaggio pericoloso’. Tre giorni dopo il pestaggio al bar, il boss venne arrestato con l’accusa di estorsione con l’aggravante mafiosa, vicenda che nulla ha a che vedere con l’aggressione. Ma gli elementi raccolti dai poliziotti portano inevitabilmente a non escludere un collegamento tra l’aggressione al bar e proprio il boss. Collegamente che logicamente sarà approfondito nel prosieguo dell’indagine.
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