Volevano riorganizzare il clan dei Casalesi, 14 arresti

GRAZZANISE – C’era il timore che la sua scarcerazione avesse potuto rappresentare un aggregante per le seconde linee dei Casalesi che già circolavano liberamente sul territori. E stando all’indagine condotta dai carabinieri, quella paura, il sentore che Mezzero, tornato libero, si sarebbe potuto trasformare in collettore delle forze mafiose che erano sopravvissute alle precedenti retate, era decisamente fondata. Parliamo di Antonio Mezzero, 62enne di Brezza, storico esponente del clan e capozona della fazione Schiavone per il Basso Volturno. Il boss, afferma la Procura di Napoli,, coinvolgendo i Ligato di Pignataro Maggiore, gli Zagaria, Elio Diana di Casal di Principe e Giovanni Diana (ritenuto referente dei Casalesi su Sant’Andrea del Pizzone) si è reso principale attore di un nuovo e pericoloso patto criminale. Proprio questo accordo, finalizzato a rianimare il clan, rappresenta il contesto che ha esplorato l’indagine dei militari dell’Arma, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, sfociata ieri mattina in 14 misure cautelari.

I carabinieri, su ordine del giudice Nicoletta Campanaro del Tribunale di Napoli, hanno portato in carcere Antonio Mezzero e altre 8 persone. Chi sono? Suo fratello Giuseppe, 56enne, i nipoti Alessandro, 36enne, e Michele, 42enne. Sono finiti in cella anche Giovanni Diana, 63enne di Casal di Principe, Davide Grasso, 52enne di S. Maria La Fossa, Pietro Ligato, 50enne di Pignataro Maggiore, figlio del boss Raffaele (deceduto), Carlo Bianco, 40enne di Casal di Principe, e Pasquale Natale, 64enne, originario di Santa Maria La Fossa, ma residente a Vitulazio.

Disposti i domiciliari, invece, per Pietro Zippo, 63enne, nato in Svizzera, Pietro Di Marta, 61enne originario di Grazzanise ma residente a Vitulazio, Vincenzo Addario, 58enne di S. Maria Capua Vetere, Giuseppe Diana, 78enne di San Cipriano d’Aversa, e Andri Saphiu, 25enne albanese. Gli interrogatori di garanzia prenderanno il via giovedì mattina.

Il lavoro, svolto dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta e da quelli della stazione di Grazzanise, ha coinvolto anche altre 10 persone, sotto inchiesta a piede libero. Si tratta di Andrea Adinolfi, 60enne di Capua, Michele Bifulco, 57enne di Casale, Teresa Di Martino, 56enne originaria di Casaluce, Gianluca Fulgido, 50enne di Cancello ed Arnone (cognato del ras Nicola Del Villano), Alin Ionut Halungescu, 37enne romeno, Biagio Ianuario, 47enne di Cancello Arnone, Carmine Munno, 50enne di S. Maria Capua Vetere, Vincenzo Pellegrino, 61enne di Casagiove, Carmine Zagaria, 56enne, fratello del boss di Casapesenna, l’ergastolano Michele Capastorta, e l’albanese Flori Zmakaj, 49enne.

Sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione (tentata e consumata), incendio, detenzione di armi e ricettazione. L’attività investigativa, avviata nel settembre del 2022 e conclusa alla fine del mese di giugno 2023, avrebbe permesso, attraverso attività d’intercettazione telefonica e ambientale, supportata da servizi di osservazione e pedinamento, di documentare dinamiche e definire condotte, dice la Procura di Napoli, che hanno riguardato vicende relativamente recenti, che hanno coinvolto affiliati al clan dei Casalesi di diverso spessore, attualmente attivi nei territori di Grazzanise, Santa Maria La Fossa, Vitulazio, Capua, San Tammaro, Santa Maria Capua Vetere e Casal di Principe.

Mezzero, che era tornato in libertà nel 2022 (dopo aver trascorso in prigione oltre 23 anni), lasciata Brezza, frazione di Grazzanise, per trasferirsi a S. Maria Capua Vetere, avvalendosi di persone di fiducia, tra cui anche parenti, avrebbe organizzato svariate estorsioni ai danni di imprenditori locali. Si sarebbe pure reso protagonista di una tentata estorsione a una giovane coppia per risolvere una controversia abitativa. I ragazzi non volevano liberare l’appartamento in cui erano in affitto e, così, il mafioso, afferma l’accusa, attraverso i suoi uomini sarebbe intervenuto esercitando minacce e violenza.

Le investigazioni avrebbero consentito anche di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati in ordine al tentativo di accaparrarsi la gestione di attività commerciali sfruttando il reimpiego di denaro ‘sporco’. Connessa a tale vicenda è spuntata un’ipotizzata tangente sulla compravendita di un capannone commerciale, del valore di oltre un milione di euro.

Per la Dda partenopea, non di minor rilievo, per l’impatto di allarme sociale che desta, è la dinamica criminale accertata della ricettazione di mezzi d’opera e materiali da cantiere, che, come hanno ricostruito i carabinieri, rientrava nelle attività del clan dei Casalesi. Infatti, nel corso dell’indagine, sono stati restituiti ai legittimi proprietari diversi autocarri e mezzi agricoli rinvenuti dai militari subito dopo i furti (valore stimato complessivamente in circa 40 mila euro). Le indagini hanno pure consentito di acclarare la disponibilità di armi da parte del sodalizio criminale.

Mezzero è stato in carcere dal 1998 al 2022 perché colpevole di associazione mafiosa, pizzo e di aver partecipato all’assassinio di Giovanni Parente, commesso a Santa Maria La Fossa nel 1996, e all’agguato che portò alla morte Antonio Cantiello e Domenico Florio.
I 24 indagati sono da ritenere innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.
Nel collegio difensivo gli avvocati Raffaele Russo, Paolo Di Furia, Carlo De Stavola, Paolo Raimondo, Alberto Martucci, Camillo Irace, Angelo Raucci e Paolo Caterino.

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