CASERTA – Nell’ambito dell’operazione (CLICCA QUI) che questa mattina ha portato all’arresto di 17 persone (tra cui i candidati alle elezioni regionali del 2015 Pasquale Corvino e Pasquale Carbone), nonché al coinvolgimento di 29 persone indagate a vario titolo (tra cui Lucrezia Cicia), la Dda di Napoli ha fatto luce anche su un’attività illecita messo a punto da esponenti della criminalità organizzata e relativa all’affissione nella città di Caserta di manifesti elettorali.
Le estorsioni sui manifesti elettorali: tra le vittime anche Luigi Bosco
Le indagini hanno permesso di accertare che Giovanni Capone, all’epoca detenuto, utilizzando dei “pizzini” aveva dato precise disposizioni al fratello Agostino Capone affinché si occupasse dell’affissione dei manifesti elettorali nella città di Caserta. Quest’ultimo, avvalendosi della collaborazione materiale di Vincenzo Rea, Antimo Italiano, Antonio Merola e Antonio Zarrillo, imponeva ai candidati di fare riferimento alla società di servizi “Clean Service”, a lui riconducibile in quanto intestata alla moglie, Maria Grazia Semonella.
Tale imposizione avveniva sia con intimidazioni esplicite, come captato nel corso delle intercettazioni, sia attraverso minacce rivolte ai singoli soggetti sorpresi ad affiggere i manifesti a tarda notte, sia coprendo i manifesti affissi senza ricorrere alla loro società, facendo poi arrivare il messaggio che tale inconveniente non si sarebbe verificato se si fossero rivolti alla società Clean Service. Tale condotta, di fatto, ha limitato la libertà contrattuale dei candidati, i quali, pur di poter continuare a svolgere la campagna elettorale anche attraverso l’affissione di manifesti, erano costretti ad affidare l’incarico di stampa ed affissione ad una ditta non scelta liberamente. Tra i candidati costretti a rivolgersi a Agostino Capone si segnala la presenza di Luigi Bosco, consigliere regionale in carica (non indagato in questo procedimento), il quale ha confermato che a Caserta vi erano state alcune anomalie, in quanto per avere visibilità era necessario rivolgersi ad un determinato gruppo di persone.
Le dichiarazioni del consigliere regionale agli inquirenti
A conferma di ciò Bosco ha raccontato agli inquirenti che un suo collaboratore, durante l’affissione dei manifesti nel Comune di Caserta, era stato aggredito da alcune persone che gli avevano intimato di allontanarsi, in quanto a Caserta nessuno poteva affiggere senza il loro consenso. Dopo tale episodio, inoltre, Vincenzo Rea si era presentato presso il suo comitato elettorale con fare spavaldo, garantendo che affidando a loro l’affissione dei manifesti avrebbe avuto la giusta visibilità, viceversa avrebbe avuto dei problemi. Come emerge dalle conversazioni captate tra gli indagati, i proventi di tale attività ammontavano a circa 17mila euro, dei quali una parte erano destinati a rimpinguare le casse della fazione del clan riferibile a Giovanni Capone, con particolare riferimento al mantenimento degli affiliati all’epoca detenuti in carcere.