NAPOLI – Luigi Di Maio era a conoscenza dell’imminente decisione dei vertici aziendali di Whirlpool di cedere lo stabilimento di via Argine a Napoli? E’ questa la domanda da un milione di dollari, è questa l’ombra che s’allunga su una vertenza da cui dipendono le vite di 430 lavoratori e la credibilità dello Stato italiano. Domanda a cui, per ora, non c’è risposta. Ma solo tanti dubbi.
Dopo Calenda ecco un’altra testimonianza
Dopo il duro attacco dell’ex ministro Carlo Calenda, è arrivata ieri una seconda testimonianza. Il quotidiano online Politico.eu, autorevole tastata internazionale, sostiene di essere in possesso di un documento in cui si dimostrerebbe che Di Maio era a conoscenza delle intenzioni della multinazionale già ad aprile. “Una lettera inviata dai dirigenti Whirlpool a Luigi Di Maio agli inizi di aprile – e di cui Politico.eu ha preso visione – mostra che l’azienda ha informato il ministro di non essere più in grado di tener fede all’impegno preso nell’ottobre del 2018 nello stabilimento napoletano”. Carlo Calenda, negli studi di La7, la settimana scorsa ha affermato che il capo politico del Movimento 5 Stelle “sapeva della chiusura da inizio aprile. Ha incaricato Invitalia di analizzare il nuovo possibile investitore. Non ha ricevuto i sindacati che hanno chiesto l’incontro, ha aspettato le Europee e poi ha fatto scene indecorose di finta indignazione”.
La smentita del vicepremier
Insomma, il mistero si infittisce. Di Maio ha smentito di essere stato messo a conoscenza dei fatti, ma di averli appresi come tutti il 31 maggio scorso. Da quel 31 maggio ad oggi i lavoratori sono in mobilitazione permanente, i sindacati sono alle prese con una battaglia molto complessa, diverse istituzioni, dalla Chiesa al Comune di Napoli, hanno dimostrato vicinanza e solidarietà agli operai. Mentre sono due, per ora, gli incontri al Mise tra Di Maio, i vertici aziendali e i sindacati per trovare una mediazione. Non si contano invece i proclami e le ‘minacce’ del vicepremier grillino al colosso statunitense. E mentre i lavoratori, anche oggi e probabilmente nei prossimi giorni, vivono nell’angoscia di non conoscere il proprio destino, i dubbi sulla veridicità delle parole del ministro del Lavoro aumentano giorno dopo giorno.
Dimissioni atto dovuto
Se si rivelasse vero (il condizionale è d’obbligo) che Di Maio era a conoscenza dei fatti e l’ha tenuto nascosto, la sue dimissioni sarebbero un atto dovuto.
Perché sulla vita e sulla pelle delle persone non si specula e non si possono fare meri calcoli elettorali.