PARIGI (Giovanni Ibello) – Rue Monsigny è una strada centrale di Parigi, fulcro della movida della Ville Lumiere. La zona è piena di locali e ristoranti, e si trova peraltro a due passi dall’Opera. Erano le 20.47 di ieri sera quando l’attentatore, armato di coltello, ha iniziato ad aggredire i passanti con furia cieca. L’assalitore si scagliava sulle vittime senza colpo ferire, e prima di essere abbattuto dagli agenti di polizia, le ha tormentate e rincorse in cerca del colpo che solo in un tragico caso è stato fatale.
Secondo il procuratore anti-terrorismo François Molins, l’uomo avrebbe urlato “Allah Akbar” prima di lanciarsi sulla folla, uccidendo un ragazzo di 29 anni e ferendo altre quattro persone. L’Isis ha rivendicato l’attentato definendo l’assalitore un “soldato” del sodalizio islamico. Del resto, le modalità dell’aggressione ricordano quelle di altri attacchi di marca jihadista, l’ultimo dei quali avvenuto nell’ottobre scorso a Marsiglia. In quella occasione rimasero uccise due ragazze.
L’attentatore è Khamzat Azimov, nato in Cecenia nel 1997: era schedato
L’attentatore di Parigi, Khamzat Azimov, nato in Cecenia nel 1997 (ma cittadino francese a tutti gli effetti) era schedato dall’intelligenze transalpina e figurava nell’elenco dei profili da sorvegliare. I suoi genitori, residenti a Parigi, sono attualmente in stato di fermo. “La Francia paga ancora una volta col proprio sangue, ma non cederà di un millimetro di fronte ai nemici della libertà”, ha commentato – commosso – il presidente Macron. Dalla sede di Charlie Hebdo alla strage del Bataclan, sono tre anni che a Parigi non si vive più serenamente. Nella capitale francese è tornata la paura.
Restano vive le polemiche sulla sorveglianza
Il premier Edouard Philippe, arrivato ieri sul luogo dell’attentato, ha omaggiato la tempestività dell’intervento delle forze dell’ordine che in meno di nove minuti hanno raggiunto il luogo dell’agguato e hanno ucciso l’assalitore. Restano vive le polemiche sul regime di sorveglianza che vige nella capitale francese. Il ventenne non aveva precedenti penali, ma come altri attentatori, era già da tempo nel mirino dei servizi anti terrorismo. Difficile capire se, senza violare i capisaldi della democrazia, il sanguinario poteva essere arginato senza spargimenti di sangue.