Piemonte, ampio dibattito in Consiglio su Finpiemonte

In foto Aldo Reschigna

Torino, 22 mag. (LaPresse) –

Un ampio dibattito consiliare è seguito alle comunicazioni del vicepresidente di Giunta e assessore al Bilancio del Piemonte, Aldo Reschigna, volte a chiarire i passaggi per uscire dall’attuale situazione di stallo in Finpiemonte.

Il rappresentante della Giunta ha sottolineato la necessità di evitare il protrarsi di una situazione di incertezza che determina blocco e stasi delle attività.

Il primo a prendere la parola è stato il Movimento nazionale per la sovranità, argomentando che questa è la più grande sconfitta dell’attuale maggioranza, pur essendo annunciata. Già in terza Commissione evidenziammo due problemi: il primo che a fronte di un sistema economico con difficoltà di accesso al credito, era un errore trasformare in banca Finpiemonte con tutte le verifiche che questo comporta; in secondo luogo temevamo che non ci fossero le professionalità adatte. Per almeno sei mesi avete bloccato il più grande strumento di sostegno alle imprese per un errore di megalomania politica.

Diversi interventi, poi, da parte del Movimento 5 stelle, che ha sottolineato come da subito i componenti del gruppo avessero manifestato i propri dubbi sulla trasformazione, specificando l’importanza delle verifiche e dei controlli. Oggi ci troviamo di fronte a un danno incommensurabile per l’economia. Si è poi chiarito come sia impossibile gioire per un tale fallimento, perché da una parte ci sono i soldi dei cittadini piemontesi – 11 milioni che come minimo sono spariti – e dall’altro ci troviamo di fronte al blocco del sostegno alle imprese piemontesi sino all’autunno del 2018.

Fratelli d’italia ha spiegato che la situazione è paradossale e che quasi si deve ringraziare chi ha distratto le risorse, permettendo di fermarci per tempo e aprendoci gli occhi su una situazione priva di controlli e di verifiche.

Forza Italia ha posto l’accento sulle colpe politiche della Giunta. Intanto ricordando che il primo gennaio 2016 veniva dato mandato a Finpiemonte di diventare sostanzialmente banca e poi decidendo di dotarla fino a un massimo di 600 milioni di capitale sociale. Una cifra enorme: si fa questa scelta ma il risk manager verrà assunto un anno dopo. È poi ritenuta inopportuna la scelta di Ambrosini per sostituire Gatti e in terzo luogo si è dato troppo potere al presidente, in pratica un padre-padrone garantito dalla totale fiducia della Giunta. Il capogruppo Fi ha sostenuto che il presidente del Piemonte almeno dovrebbe promettere ai cittadini di non ricandidarsi per un nuovo mandato dopo un fallimento così palese.

Il Partito democratico ha ringraziato la Giunta per le informazioni sempre puntuali al Consiglio e ha ricordato come questa maggioranza abbia recuperato 450 milioni per le imprese, grazie alla ricognizione dei crediti che ha riportato a Finpiemonte e al sistema tale ingentissima somma. È stata riavviata una politica industriale che senza queste azioni non avrebbe avuto risorse. Questo era uno degli aspetti principali della auspicata trasformazione di Finpiemonte.

Il vicepresidente della Giunta ha ribattuto che la disponibilità al confronto su un passaggio delicato sulla nuova Finpiemonte è la regola della democrazia. Ma nessuno viene con il cappello in mano e il capo chino. Su questa vicenda anche il centrodestra ha le sue responsabilità, perché nella precedente legislatura si è scelto di usare i fondi Finpiemonte per la spesa corrente, mentre questa Giunta ha trovato 450 milioni per lo sviluppo. Oggi possiamo discutere su come spendere 450 milioni, ma prima la domanda era dove fossero finiti questi soldi.

 

 

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