PHNOM PENH – Trentatre donne cambogiane sono state arrestate con l’accusa di complicità nel traffico di esseri umani e sfruttamento sessuale. Rischiano dai 7 ai 15 anni di reclusione. L’arresto delle 33 donne è avvenuto nell’ambito di un’inchiesta della polizia locale che ha permesso di scoprire un business su uteri in affitto e madri surrogate. L’attività illecita sarebbe gestita da cinesi. Alcune delle donne sono inoltre in avanzato stato di gravidanza.
Le madri surrogate ricevono un compenso di 10mila dollari
Alle donne che mettono a disposizione il proprio utero verrebbe offerta una cifra pari a 10mila dollari, in rate da 300 dollari: una somma di tutto rispetto in una realtà dove il reddito pro capite è molto basso. Le donne reclutate per diventare madri surrogate hanno mediamente dai 20 ai 30 anni: ricevono 500 euro quando rimangono in stato interessante. Dopo aver portato avanti la gravidanza, partorivano in Cambogia o in Cina.
La pratica dell’utero in affitto è stata bandita dalla Thailandia e dalla Cambogia
La maternità surrogata è stata bandita dalla Thailandia già nel 2015. Diverse cliniche locali che avevano fatto di tale attività un vero e proprio business, si erano poi trasferite in Cambogia. Anche questo Paese però ha vietato tale pratica nel 2016.
Il fenomeno è in crescita nel sud est asiatico
Per molte persone desiderose di avere una famiglia ma impossibilitate a procreare, la Cambogia rappresentava una sorta di ‘ultima spiaggia’: pagando, si poteva realizzazione il sogno di paternità e maternità anche se in maniera illegale. Il fenomeno dell’utero in affitto è in aumento nei Paesi del sud est asiatico.