MILANO (LaPresse) – “La fine di due anni di stato d’emergenza è un passo nella giusta direzione che dev’essere però accompagnato da misure urgenti. Per evitare che si tratti unicamente di una mossa cosmetica”. È quanto afferma Fotis Filippou, vicedirettore di Amnesty International per l’Europa, commentando la notizia che lo stato d’emergenza non verrà ulteriormente rinnovato alla sua scadenza odierna.
Il bilancio di Amnesty International sulla questione turca
“Negli ultimi due anni in Turchia abbiamo assistito a una radicale trasformazione. Misure d’emergenza sono state usate per consolidare poteri autoritari. E per ridurre al silenzio voci critiche e negare diritti fondamentali. Molte di queste misure rimarranno in vigore anche dopo la fine dello stato d’emergenza”, ha sottolineato Filippou.
Le misure repressive attuate in Turchia
“Centinaia di giornalisti, difensori dei diritti umani e attivisti, compreso il presidente onorario di Amnesty International Turchia Taner Kiliç, sono finiti in carcere solo per aver svolto il loro lavoro”, ha aggiunto Filippou. “Decine di migliaia di persone sono state imprigionate grazie a un potere giudiziario che manca della minima indipendenza. E che manda dietro le sbarre reali o presunte voci critiche senza alcuna prova che abbiano effettivamente commesso reati. Organizzazioni non governative e mezzi d’informazione sono stati chiusi. E oltre 130.000 lavoratori del settore pubblico sono stati arbitrariamente licenziati”, ha proseguito.
La fine dello stato d’emergenza non significa rispetto dei diritti umani
“La fine dello stato d’emergenza, da sola, non interromperà l’attuale giro di vite. Ciò che occorre è un’azione sistematica per ripristinare il rispetto dei diritti umani. Per consentire alla società civile di riprendere a svolgere le sue attività. E porre fine così al soffocante clima di paura che ha circondato la Turchia”, ha concluso Filippo