Pd allo sbando tra Renzi che minaccia di ‘ritornare’ e Martina senza linea politica

Il Pd, ad oggi, sembra senza speranze. Renzi da Firenze promette-minaccia di ritornare, mentre Martina da Ravenna si limita ad attaccare il governo e dire ai suoi "vogliamoci bene". Intanto Franceschini passa con Zingaretti, rischiando di affossarlo

Foto LaPresse/Giacomo Maestri 09/09/2018 Bologna (Italia) Cronaca Italia, Festa dell'Unità Bologna presso Padiglione 35 Fiera di Bologna Nella foto: Matteo Renzi Photo LaPresse/Giacomo Maestri September 09, 2018 Bologna (Italy) News Italy Festa dell'Unità Bologna at Fiera di Bologna. In the picture: Matteo Renzi

ROMA – Il Pd proprio non ce la fa. Nel giro di poche ore Matteo Renzi dal palco della festa de L’Unità di Firenze e il segretario Maurizio Martina dalla festa nazionale di Ravenna hanno messo a segno due autogol d’autore. Dando l’idea, come se non bastasse, di parlarsi contro, di oscurarsi a vicenda. Intanto Dario Franceschini, sempre dalla parte del vincente, si sta riposizionando su Nicola Zingaretti. Apparentemente per svolgere un ruolo da mediatore, in realtà con il rischio di annacquare prima del tempo la proposta politica del governatore del Lazio.

La ‘minaccia’ del rottamatore perdente: “Non vi siete liberati di me”

A Matteo Renzi l’idea che sono stati gli elettori a mandarlo a casa proprio non va giù. Proprio non vuole accettarla. “Andrò nelle scuole, in tv, pensano di essersi liberati di me, ma hanno sbagliato“, urla dal palco della festa de L’Unità di Firenze l’ex segratario Pd. “Non vivo nell’ansia di tornare da qualche parte ma vivo nell’ansia di non lasciare la politica a chi crede che sia un prolungamento di Facebook“, spiega Renzi.

Se la prima affermazione suona più come una minaccia che come una promessa, la seconda è una contraddizione in termini. Coerente col personaggio. E poi, per l’ennesima volta, l’auto-celebrazione di se stesso, il più grande perdente della storia della sinistra. “Al 40,8% dal 1959 non ci è mai arrivato nessuno. Io ho personalizzato? Per due volte con la personalizzazione siamo arrivati al 40%“. E poi “a forza di fare la guerra in casa abbiamo permesso agli altri di vincere. Hanno fatto la guerra al Matteo sbagliato“.

Dare la colpa agli altri per il proprio fallimento è nella natura dell’ex premier. Rivendicare addirittura la batosta personale del referendum costituzionale come una vittoria è preoccupante. Se Matteo Renzi vuol bene a se stesso, al Pd e al paese farebbe bene a prendersi almeno un anno sabbatico. Se non lo fa da solo dovrebbero farglielo fare i suoi compagni di partito.

La linea di Martina: ‘volemose bene’ e attaccare tutti gli altri

Noi ci dobbiamo rispettare tutti e non prendetemi per un romantico: ci dobbiamo volere bene”, dalla platea della festa nazionale di Ravenna è partita subito l’ovazione. Difficile contestare chi intima di volersi bene. Pretendere qualcosina di più politico, però, sarebbe stato opportuno.

Dal palco il segretario non eletto chiede alla Lega di restituire i 49 milioni, rivendica il salvataggio dell’Ilva strizzando l’occhio a Calenda, attacca Di Maio e Salvini tuot court. Anche giusto e legittimo dal pulpito delle opposizioni, ma senza una proposta politica alternativa rimaniamo nel campo dell’opinione e non della politica. Di solito non si va molto avanti. E poi la conclusione, un generico e volontaristico “dobbiamo tirare fuori la passione, l’orgoglio, l’unità, l’umiltà. Deve essere un partito di strada che va per strada e prende i fischi. Devi andare a Genova, Taranto, Scampia, Milano. Devi farti vedere: alla dittatura dell’algoritmo dobbiamo contrapporre la relazione umana“. Tornare tra le persone, giusto. Ma a dire che?

Franceschini si riposiziona su Zingaretti: mediatore o ‘annacquatore’?

Per ora l’unica persona in grado di restituire un po’ di dignità ad un Pd allo sbando sembra essere Nicola Zingaretti. Il governatore del Lazio, unico candidato in campo, oltre a non essere compromesso con le gestioni precedenti, teorizza un Pd più a sinistra, con politiche sul lavoro e il welfare più coerenti con la storia della sinistra. Allo stesso tempo propone un campo largo, che sappia dialogare con tanti. Ci riuscirà? Staremo a vedere. Di sicuro deve stare attento ai suoi alleati interni. Dario Franceschini, dirigente di lungo corso sempre a galla con il vincente di turno, starà con Zingaretti.

Il tentativo di Franceschini è quello di federare: fare da mediatore tra la proposta zingarettiana e tutte la altre sensibilità del partito. Idea nobile, ma che rischia di essere un cavallo di Troia. Se Zingaretti si carica in spalle tutto il ceto politico locale per qualche tessera in più forse vincerà il congresso, ma mai le elezioni.

 

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