Roma – Guai a nominare Salvini in presenza di Juncker, Moscovici o Dombrovskis. Ormai il vicepremier italiano è la ‘bestia nera’ delle istituzioni europee.
Ogni giorno lo scontro si rigenera con nuovi scambi di accuse, frecciate e colpi sotto la cinta. Il ministro dell’Interno difende la manovra del ‘suo’ governo ingaggiando un corpo a corpo con quelli che definisce ‘eurocrati non votati da nessuno’: “Di quello che si aspetta Juncker, a me onestamente interessa poco“, dice senza peli sulla lingua. Perché il suo interesse “è per i miei figli, che possano crescere in un Paese meno indebitato e con più lavoro“.
Il pomo della discordia è sempre il 2,4% di rapporto tra deficit e Pil
Il numero ‘magico’ che da sempre innesca risse mediatiche tra nord e sud dell’Europa. Per Salvini è un dato acquisito “e non si discute, è l’unico punto fermo” della manovra giallo-verde prossima ventura.
Se ne facciano una ragione, dunque, a Bruxelles perché oltre a far scendere la percentuale gradualmente al 2 nel 2020 e all’1,8 nel 2021 nessuno cambierà più una virgola.
“Diminuirà il deficit e in prospettiva il debito”
“Non faremo marce indietro di nessun tipo, contiamo di crescere più dello 0,9% stitico previsto per l’anno prossimo“, annuncia il leader della Lega.
“Cresceremo almeno dell’1,5% l’anno prossimo“, ripete mostrando una certa sicurezza. “Ho detto almeno, perché mi tengo basso” nelle stime.
Guanto di sfida alle istituzioni del Vecchio continente
I rappresentanti delle isituzioni europee, a dire il vero, non sono proprio dei campioni nell’evitare scontri. Un esempio lampante è il commissario Ue agli Affari Economici, Pierre Moscovici, che ad un convegno organizzato dall’Ocse a Parigi ha messo due dita negli occhi del M5S e della Lega. “Gli italiani hanno fatto la scelta di un governo decisamente euroscettico e xenofobo che, sulle questioni migratorie e di bilancio, sta cercando di sbarazzarsi degli obblighi europei“, ha tuonato il politico francese.
Frasi che non potevano rimanere senza una risposta
Solo che a fornirla è ancora lui, Salvini: “Moscovici parla a vanvera, in Italia non c’è nessun razzismo o xenofobia, ma finalmente un governo scelto dai cittadini che ha bloccato gli scafisti e chiuso i porti ai clandestini. Siamo stufi degli insulti che arrivano da Parigi e da Bruxelles“.
E a chi pensa che sia arrivato il momento per abbassare i toni dello scontro, il vicepremier replica con una stoccata ‘proibita’, per chiarire ancora una volta che questo match lo giocherà con le sue regole: “Io non alzo i toni e non alzo i calici, non alzo nulla“.
In pratica il sequel del messaggio ‘distensivo’ lanciato il giorno prima all’indirizzo di Jean-Claude Juncker: “Parlo solo con chi è sobrio“.
Eppure il presidente della Commissione Ue gli aveva teso un simbolico calumet della pace, ricordando tramite uno dei portavoce dell’organismo comunitario, Alexander Winterstein, che il suo “rispetto e sicuramente affetto per l’Italia e gli italiani sono molto ben noti“.
Anche il rigoroso Moscovici, dopo aver preso a sassate pentastellati e Carroccio, aveva provato a lanciare messaggi positivi, plaudendo al fatto che “la traiettoria” del governo sulla nota di aggiornamento al Def “sia stata rivista, perché mostra che le autorità italiane ascoltano le preoccupazioni e le osservazioni dei loro partner e della Commissione europea”, aggiungendo che “al 2,4% è possibile che il deficit strutturale non si trovi nel percorso stabilito dal Patto di stabilità e crescita“.
Speranze vane, però. Perché Salvini chiude la partita: “Non arretriamo”. In attesa del prossimo euro-round.