LOCRI – Si è svolto stamattina l’interrogatorio di garanzia per Domenico Lucano, sindaco di Riace. Il primo cittadino della cittadina calabrese, finito recentemente al centro della bufera per l’inchiesta giudiziaria partita 18 mesi prima, che gli è costata gli arresti domiciliari. Lucano si è seduto alle nove, accompagnato dal suo legale, di fronte al giudice Domenico Di Croce per rispondere alle sue domande.
In tribunale si è presentata anche la compagna Lemlem Teshfahun. La donna è destinataria di un divieto di dimora ordinata dal gip per i ‘matrimoni di comodo’, volti a favorire i rifugiati. Questo sabato a Riace la manifestazione di solidarietà e sostegno al sindaco Lucano.
“E’ tutto assurdo. Parlerò se mi fanno parlare” I timori di Lucano all’entrata in tribunale.
“E’ tutto assurdo, tutto questo è assurdo” mormora il sindaco sospeso di Riace, uscendo da casa. Il legale gli fa appena un cenno e Lugano tace. Una parola di troppo in questo potrebbe scatenare una tempesta mediatica. E’ perciò breve commento quello che il sindaco Lugano lascia ai microfoni prima di entrare in aula. “Risponderò a tutto non ho nulla da nascondere” ha detto, il volto teso dalla preoccupazione. L’insicurezza trapela dalle sue poche, concise dichiarazioni: “Parlerò, certo che parlerò. Se mi faranno parlare”.
La accuse al sindaco, dai matrimoni di comodo per favorire le immigrate agli affidamenti sul servizio rifiuti
L’inchiesta che ha coinvolto Lucano era iniziata 18 mesi prima. L’indagine era partita da una segnalazione per irregolarità sulla gestione dei fondi destinati all’accoglienza. Accusa smentita dal giudice Di Croce. “A Riace non ci sono mai stati illeciti e nessuno ha mai intascato un centesimo” si legge nel provvedimento del gip. A Lucano e alla compagna è contestata la forzatura di alcune procedure matrimoniali, per consentire alle ragazze straniere di rimanere in italia. Al sindaco solo, invece, l’affidamento diretto dei servizi di raccolta rifiuti. Il primo cittadino si è detto pronto a smontare tutte le accuse a lui rivolte.