Hiv, 3500 nuove infezioni l’anno: cresce tra i ventenni, pochi fanno il test

Il rischio di contagio cresce esponenzialmente proprio per le categorie ritenute meno esposte mentre omosessuali e tossicodipendenti risultano essere i più informati

Programma di prevenzione per l'Hiv
LAPRESSE/PA

ROMA (LaPresse) – Ogni anno sono tra le 3.500 e le 4.000 le nuove diagnosi di infezione da hiv, con un incremento registrato nella fascia d’età tra i 25 e i 29 anni. Nella quale l’incidenza è più alta (15,9 nuovi casi ogni 100.000 residenti).

Aumentano i casi di infezione da Hiv

Alla vigilia della Giornata mondiale contro l’aids, che si celebra il 1 dicembre, gli esperti sottolineano che nonostante gli importanti passi avanti fatti dalla ricerca il lavoro da fare. Soprattutto sul fronte della prevenzione, è ancora molto.

In Italia circa il 40% dei casi di hiv è diagnosticato in modo tardivo, mantenendo alta la circolazione del virus nella popolazione generale, e a questo va aggiunto un 30% stimato di persone – un dato altissimo – che inconsapevolmente continua a favorire la trasmissione del virus.

La maggioranza delle nuove diagnosi hiv positive è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituiscono l’84,3% di tutte le segnalazioni (eterosessuali 45,8%; Msm, Men who have sex with men 38,5%).

Il rischio di contagio cresce esponenzialmente proprio per le categorie ritenute meno esposte mentre omosessuali e tossicodipendenti risultano essere i più informati.

Gli obiettivi del piano nazionale

Sulla base di questi dati, il Piano nazionale aids 2017-2019, ispirato dalle agenzie internazionali ha posto i seguenti obiettivi prioritari. Ridurre il numero delle nuove infezioni; facilitare l’accesso al test e l’emersione del sommerso; garantire a tutti l’accesso alle cure; mantenere in cura i pazienti diagnosticati; migliorare lo stato di salute e di benessere delle persone infette; coordinare i piani di intervento sul territorio nazionale; tutelare i diritti sociali e lavorativi delle persone infette; promuovere la lotta allo stigma; coinvolgere attivamente la popolazione chiave.

L’importanza della prevenzione e i rallentamenti delle regioni

“A un anno dall’approvazione del Piano, la sua applicazione è ancora ferma in gran parte delle Regioni italiane – spiega Massimo Galli, presidente Simit, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, e Consigliere Nazionale di Anlaids -. Ai quattro gruppi di lavoro costituiti presso il Ministero della Salute, che stanno procedendo validamente per il coordinamento degli interventi d omogeneizzazione della raccolta e del flusso dei dati, della formazione degli operatori, degli interventi di prevenzione e dei percorsi di assistenza e di mantenimento in cura partecipano una parte delle Regioni.

La richiesta inoltrata dal Ministero per la costituzione in ogni Regione delle Commissioni aids, strumento importante richiesto dal piano e fondamentale per la sua applicazione, è ancora ampiamente inevasa. Gli interventi di prevenzione nelle scuole richiedono un lavoro comune con il Ministero dell’Istruzione (Miur) che non sembra prendere il via.

di Alessandra Lemme

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome