CASAL DI PRINCIPE – Trasversalità: è la caratteristica professata ossessivamente dai boss quando si accostano alla politica. Schierarsi sempre e soltanto con chi ha vinto. Destra o sinistra, rossi o neri non importa. La mafia non può stare all’opposizione. Lo stesso concetto, ribaltando le posizioni, sarebbe stato praticato da Nicola Cosentino: per fare business con quale cosca avrebbe dovuto confrontarsi non era importante. Fondamentale, invece, era l’affare. Concretizzarlo e portarlo a casa. Indipendentemente dall’interlocutore camorristico. Così ‘saltare’ dal clan Russo alla mafia di Casapesenna per Nick ‘o mericano non era poi tanto impensabile: a raccontarlo alla Dda di Napoli è stato Nicola Schiavone. “Cosentino rafforzò i suoi rapporti anche con Michele Zagaria”.
Il patto
La presunta relazione tra l’ex sottosegretario all’Economia e Capastorta si sarebbe intensificata nel 2005, nel periodo delle elezioni provinciali. Tra i due, però, ha sostenuto il figlio di Francesco Sandokan Schiavone, c’erano già stati “rapporti d’affari, come per la vicenda della centrale termoelettrica di Sparanise, risalente all’inizio degli anni Duemila”. Una delle realtà industriali più importanti dell’Agro Caleno sarebbe stata oggetto di un ipotizzato patto tra ‘o mericano e il boss di Casapesenna. “Importante punto di raccordo tra Michele Zagaria e Nicola Cosentino – ha continuato Schiavone – era Michele Griffo, (ex) sindaco di Trentola Ducenta”.
Le Provinciali
Del politico di Casal di Principe, Schiavone alla Dda ha parlato il 14 novembre e il 19 luglio scorso. A raccogliere quelle dichiarazioni sono stati i pm Fabrizio Vanorio, Alessandro D’Alessio e Graziella Arlomede. La procura generale di Napoli ha chiesto alla Corte d’Appello di acquisire le informazioni rese dal pentito su Cosentino nel processo nato dall’inchiesta sul centro commerciale ‘Il principe’.
Il primogenito di Sandokan ha parlato della presunta commistione tra camorra, politica e imprenditoria a Casal di Principe. Nei suoi racconti ha riservato spazio pure a dinamiche ‘extracomunali’. Si è concentrato, infatti, sulle provinciali di 13 anni fa. Quella competizione, ha dichiarato Schiavone, “fu espressione di uno scontro tra poteri economici”. Da un lato Nicola Ferraro, già consigliere regionale dell’Udeur, “con le sue imprese”, dall’altro “Cosentino “come socio occulto dei fratelli Orsi nelle società mista Eco4”. “Quella contrapposizione – ha affermato il collaboratore di giustizia – generò” una lotta “a tutto campo che a livello politico si tradusse nella competizione tra Cosentino e Alessandro De Franciscis”.
Il nome di De Franciscis (non indagato ed innocente fino a prova contraria, ndr.) da presentare per contrastare Cosentino sarebbe stato fatto proprio da Ferraro in una cena in un ristorante a Teverola con Schiavone. “Nicola Ferraro mi disse: ‘Vuoi vedere come vinco contro ‘o mericano? Tengo io il candidato giusto’. E mi fece subito il nome del De Franciscis. Sapevo – ha chiarito il pentito – che era un professore molto noto e che aveva anche l’appoggio in ambienti ecclesiastici”.
In quella competizione, però, il clan non avrebbe preso posizioni in modo netto. L’esito era troppo incerto. “Per noi l’importante era tutelare i nostri affari. La migliore strategia – ha spiegato il pentito – era quella di garantirsi uno spazio di manovra con entrambi i candidati e pertanto noi Schiavone decidemmo di appoggiare entrambi gli schieramenti. Candidammo l’avvocato Marcello Schiavone in una lista della coalizione di centro-destra. Nel contempo per garantirci il perdurare del rapporto con Nicola Ferraro decidemmo di appoggiare pure candidati nelle liste di De Franciscis. In modo analogo si comportarono gli Zagaria”.
Il Principe e il piano regolatore
In principio ci fu il piano regolatore. Se venne messo almeno su carta il centro commerciale ‘Il principe’ sarebbe stato grazie “all’intervento di politici e in primo luogo di Nicola Cosentino, che, con l’appoggio dei vertici del nostro clan, mi riferisco a Giuseppe Russo e mio zio Francesco Cicciariello, fece sì che fosse approvato il nuovo Prg”.
Quel documento, ha raccontato Nicola Schiavone alla Dda, “prevedeva un’enorme superficie e cubatura a servizio della struttura commerciale”.
La fideiussione tarocca
Superato quello step, si cominciò a pensare alle imprese e ai finanziamenti. Uno dei personaggi centrali nell’affare, ha dichiarato il figlio di Sandokan, sarebbe stato Nicola Di Caterino, ex capo dell’ufficio tecnico. “Era il promotore dell’iniziativa”. Con lui e Cipriano Cristiano, “alla presenza costante di Massimo Russo e Lello Letizia”, il primogenito del capoclan avrebbe avuto “vari incontri”. Grazie a quelle riunioni avrebbe saputo che “Cosentino si era interessato per l’ottenimento dei finanziamenti bancari, ma ad un certo punto si era verificato un intoppo poiché una fideiussione si era rivelata falsa.”
L’operazione era a rischio.
Il pentito ai pm ha riferito di aver proposto l’ingresso nel business “di Carmine Bianco”. “Era legato a noi Schiavone, ma gradito anche ai fratelli Russo”. Al germano di Peppe ‘o padrino il figlio di Sandokan prospettò “di sostituire Di Caterino” proprio con Bianco, “garantendo però al Di Caterino la direzione dei lavori”.
Soldi cash
Di questa possibilità ne parlò direttamente con l’allora responsabile dell’area tecnica del Comune. “Preoccupato per gli intoppi della procedura di finanziamento e per la circostanza che Bianco era intenzionato a rilevare l’affare, mi consegnò 100mila euro in contanti che per la precisione furono materialmente presi da una borsa da Cristiano. All’incontro c’era anche Lello Letizia. Ricordo che adottammo la cautela di entrare dall’ingresso laterale dello studio medico. Quando mi furono consegnati i soldi sia il Cristiano che il Di Caterino parlarono espressamente di ‘prima tranche’ di una somma che secondo i nostri accordi si aggirava intorno ad un milione 300mila euro. Quei centomila euro, secondo il Di Caterino, – ha aggiunto Schiavone – erano la dimostrazione ai nostri occhi della piena ripresa e della soluzione di tutti i problemi”.
“L’affare del centro commerciale? Un investimento del clan”
Temendo di venir messo da parte, mostrando disponibilità di cash e dando una prebenda alla cosca, che “prescindeva dalle successive pattuizioni relative allo sviluppo dell’iniziativa, vale a dire delle imprese fornitrici delle materie prime” cercò di riottenere la fiducia del boss.
“L’affare del centro commerciale – ha aggiunto Schiavone – fu un investimento del clan. Io intendevo gestirlo dall’esterno attraverso la scelta degli appaltatori e fornitori. La disponibilità dei funzionari bancari derivava dalla garanzia di Nicola Cosentino”
L’ex sottosegretario all’Economia è a processo in Appello, in relazione alla vicenda ‘Il principe’, per tentato reimpiego di capitali illeciti con l’aggravante mafiosa. Con lui a giudizio anche Di Caterino, accusato di associazione mafiosa, corruzione, contraffazione di atti pubblici e concussione. In primo grado incassarono rispettivamente cinque anni e undici anni di reclusione.
“Cosentino incontrò mio padre”
Nicola Cosentino avrebbe incontrato il capoclan Francesco Sandokan Schiavone. A raccontare l’episodio è stato Nicola, il figlio ‘pentito’ del capoclan: “Tra gli anni Ottanta e Novanta quando Cosentino si candidò, non ricordo se alla Regione o alla Provincia, chiese a mio padre di essere appoggiato dal clan”. I due si sarebbero visti. Sandokan, ha riferito il collaboratore di giustizia, diede la sua benedizione a Nick ‘o mericano. Quando il politico era stato ad un passo da sposare la causa del Pds, il clan si oppose. “Ricordo che fu avvicinato e gli fu chiaramente detto che non poteva militare nella sinistra dopo che aveva chiesto l’appoggio del clan per essere eletto. All’epoca stava nascendo Forza Italia e Cosentino decise di abbandonare i propositi di militare nella sinistra. La decisione di aderire a Fi – ha concluso Schiavone – era gradita al clan”.