GENOVA – Negli ultimi giorni ha fatto il giro del web la fotografia della strada in Alaska ricostruita in quattro giorni. L’arteria era letteralmente sprofondata dopo il devastante terremoto di magnitudo 7 che ha colpito la zona alla fine di novembre. Neanche una settimana, ed è come nuova. Una notizia che, soprattutto qui da noi, ha assunto i contorni di un qualcosa di incredibile. Lì dalle parole ai fatti. In Italia, invece, i post-tragedia sono caratterizzati da vertici istituzionali, riunioni di ingegneri, progetti e passerelle politiche.
L’oblio del ponte Morandi
Lo scorso agosto una parte del ponte Morandi di Genova è crollata causando la morte di circa cinquanta persone. Una tragedia immane che ha messo sul banco degli imputati tutti. Dallo Stato alla società che aveva il compito di curare la manutenzione dell’opera. Si è parlato tanto. In molti hanno puntato il dito. Ma di concreto poco. Molto poco. Ad oltre quattro mesi dal disastro, non è stato ancora definito il futuro dell’infrastruttura
La ricostruzione partirà forse a marzo
E se in Alaska per riparare una strada sprofondata e distrutta in più parti ci sono voluti quattro giorni, nel Belpaese si sonnecchia. A quattro mesi di distanza dalla tragedia, che ironia della sorte è lo stesso numero impiegato per arteria americana, con una ‘leggerissima’ differenza di giorni, qualcosa forse inizia a muoversi. Piccoli passi, per carità. Il sindaco e commissario straordinario di Genova, Marco Bucci, ha consegnato nelle ultime ore alla Procura un plico con progetto di demolizione del ponte. Servirà adesso l’autorizzazione per procedere. I cantieri potrebbero partire forse entro la fine dell’anno, almeno secondo Bucci. Per iniziare a parlare di ricostruzione, invece, bisognerà attendere la prossima primavera, si spera a marzo. Una differenza di tempistica impressionante con il fenomeno virale dell’Alaska, ma ormai gli italiani sono rassegnati da tempo.