Tunisia, nuovi scontri a Kasserine: la protesta si estende in altre città

La grave situazione economica di questa regione persiste nonostante le conquiste democratiche portate dalla rivoluzione del 2011

(Photo by Hatem SALHI / AFP)

TUNISI – Tunisia in piazza dopo l’autoimmolazione del giornalista Abderrazek Rezgui la vigilia di Natale. Il reporter 32enne, che lavorava come freelance per la televisione privata Telvza tv, si è dato fuoco nel centro di Kasserine, per denunciare la disoccupazione e la grave situazione economica di questa regione dell’interno del Paese. Difficoltà che persistono nonostante le conquiste democratiche portate dalla rivoluzione del 2011.

Il gesto del reporter tunisino

“Per i figli di Kasserine che non hanno mezzi di sussistenza, oggi, comincerò una rivoluzione, mi immolerò dandomi fuoco”. Lo ha spiegato il giornalista in un video pubblicato su Facebook 20 minuti prima di autoimmolarsi, il 24 dicembre.

La Primavera araba

Il tutto pochi giorni dopo l’ottavo anniversario dell’inizio della cosiddetta ‘Rivoluzione dei gelsomini’ che portò alla cacciata del dittatore Ben Ali dopo 23 anni al potere. Allora la rivolta partì proprio con un’autoimmolazione, quella del venditore ambulante Mohamed Bouazizi, che il 17 dicembre del 2010 si diede fuoco in un’altra regione dell’interno, a Sidi Bouzid. Dando il via alla cosiddetta Primavera araba.

La protesta si irradia in altre città

Dal 24 dicembre le proteste continuano a infiammare le strade di Kasserine, e si sono estese anche ad altre città. Nella notte fra martedì e mercoledì i manifestanti, giovani soprattutto, sono scesi in piazza non solo a Kasserine. Ma anche a Tebourba (nel nord del Paese) e a Jebeniana (nell’est). Le scene sono state nuovamente quelle di lanci di pietre contro gli agenti da una parte, e lacrimogeni per disperdere i dimostranti dall’altra.

13 persone fermate a Kasserine

Nuove proteste sono state poi segnalate oggi pomeriggio a Jebeniana, dove secondo il ministero dell’Interno un gruppo di manifestanti ha lanciato sassi e Molotov contro gli agenti e contro una stazione di polizia. In totale sono 13 le persone fermate a Kasserine perché sospettate di “atti di distruzione”. E il ministro dell’Interno Hichem Fourati ha ipotizzato, come spesso fa il governo in questi casi, una strumentalizzazione dei dimostranti.

Intanto le autorità hanno riferito dell’arresto di una persona ritenuta coinvolta nell’atto di autoimmolazione. Secondo il portavoce del tribunale di Kasserine, citato dall’agenzia di stampa di Stato Tap, esisterebbero dei “presupposti di omicidio nella morte del cameraman”. Ma gli atti di autoimmolazione sono una forma di protesta non nuova in Tunisia. E oggi un’altra persona ha provato a darsi fuoco a Jebeniana. Secondo i media locali, l’uomo è stato salvato dall’intervento di un poliziotto e ha riportato solo delle leggere ustioni a un braccio.

La politica è lontana dai problemi dei cittadini

Il presidente del Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes), Messoud Romdhani, citato dall’agenzia AFP, prevede una propagazione delle proteste visto che denuncia una “assenza di una vera volontà politica di affrontare i reali problemi dei tunisini”. “C’è una rottura fra la classe politica e i giovani, soprattutto coloro che vivono nella precarietà all’interno del Paese”, aggiunge. Sottolineando che i politici sono più concentrati sulle elezioni legislative e presidenziali del 2019.

L’ondata di violenza in Tunisia

Kasserine fu una delle prime città a sollevarsi nelle rivolte del 2010, che si trasformarono poi in rivoluzione contro la dittatura portando alla fuga di Zine El Abidine Ben Ali dalla Tunisia il 14 gennaio del 2011 dopo 23 anni al potere. Dopo la morte di Bouazizi le proteste scoppiarono a Sidi Bouzid, ma fra i primi governatorati in cui si estesero ci fu proprio quello di Kasserine, protagonista del sanguinoso fine settimana di repressione dell’8-9 gennaio 2011 in cui furono uccisi decine di martiri della rivoluzione.

Da allora la regione è stata attraversata più volte da movimenti di protesta, in cui i residenti hanno segnalato di sentirsi abbandonati dal potere centrale: nella regione di Kasserine, vicina al confine con l’Algeria, la disoccupazione è molto alta rispetto alla media nazionale e tanti sono i senza lavoro fra i giovani, anche laureati.

Diritto al lavoro

A gennaio del 2016 la Tunisia si era infiammata per un’ondata di proteste per il diritto al lavoro partita proprio dalla regione di Kasserine, a seguito della morte di un altro giovane: Ridha Yahyaoui, questo il suo nome, era morto cadendo da un palo della luce, da cui minacciava di suicidarsi perché il suo nome era stato eliminato dalla lista di nuovi reclutati per un posto nel settore pubblico.

Il Sindacato nazionale dei giornalisti tunisini (Snjt) ha lanciato uno sciopero nazionale della stampa per il 14 gennaio, definendolo sciopero ‘della dignità’. I tunisini chiamano proprio ‘Rivoluzione della dignità’ quella del 2010-2011 ribattezzata dall’Occidente ‘Rivoluzione dei gelsomini’. E il 14 gennaio è una data simbolica, dal momento che in quel giorno ricorre l’anniversario della caduta di Ben Ali.

(Lapresse/di Chiara Battaglia)

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