Se è vero che Silvio Berlusconi e i suoi adepti (con in testa Matteo Renzi, ovviamente) rappresentano il passato, è vero pure che il Movimento 5 stelle non rappresenta certamente il futuro di questo Paese. No Tav? No Tap? No Triv? Tutto sbagliato, tutto da rifare. Compreso il pur giusto, solo nelle intenzioni però, ‘reddito di cittadinanza’: nemmeno questo vedremo, quanto meno nell’anno appena iniziato.
Immaginate che in settanta giorni si possano realizzare centri per l’impiego che necessitano di addetti specializzati nella misura di venti volte maggiore degli organici attualmente in servizio? Solo per bandire i concorsi pubblici propedeutici alle assunzioni negli ex uffici di collocamento c’è bisogno di anni. Creare una rete che veda una partecipazione attiva delle imprese che hanno bisogno di fare assunzioni, costruire rapporti con gli enti comunali per l’individuazione di lavori di pubblica utilità che sulla carta dovrebbero vedere occupati i richiedenti, istituire centri di formazione capaci di abilitare all’ingresso nel mondo del lavoro chi ha presentato domanda.
Quanto tempo occorre per fare tutto ciò? Vedremo. Intanto l’amara constatazione che se in passato le promesse elettorali venivano puntualmente disattese perché gli autori avevano consapevolezza piena della impossibilità di realizzarle, nel caso dei grillini (molto peggio) le promesse sono state fatte senza avere alcuna cognizione di causa sulla fattibilità delle stesse. Nel frattempo il ‘governo del cambiamento’ ha operato in perfetta continuità con quelli che lo hanno preceduto. Esempi: salvare le banche amiche – la Carige è la banca di Genova, città di Beppe Grillo – esattamente come accadde ai tempi di Banca Etruria di papà Boschi.
Non solo: il ricorso sistematico al voto di fiducia in Parlamento per evitare il dibattito ed eventuali defezioni di deputati e senatori poco convinti, lottizzazione della Rai, spoil system in tutti gli enti di emanazione governativa, aumenti generalizzati di balzelli addirittura rispolverando tasse sui suv e soprattutto riforma dell’editoria. Appena insediato il governo Renzi, Luca Lotti fu incaricato di sforbiciare i finanziamenti ai giornali per eliminare voci ‘scomode’ di dissenso e fu solo un intervento del Presidente della Repubblica a scongiurare il peggio. Il ‘governo della continuità’ (più giusto chiamarlo così…) è andato ben oltre, li ha aboliti. Facendo la fortuna dei vari De Benedetti (la Repubblica), Berlusconi (il Giornale), Caltagirone (il Messaggero, il Mattino, il Gazzettino etc.etc.) che nel volgere di pochi mesi vedranno assottigliarsi le fila di concorrenti fino a diventare padroni assoluti e incontrastati dell’informazione in Italia.
Diciamola tutta: gli italiani li hanno votati per mandare definitivamente a casa il Cavaliere e il suo scudiero Renzi, e fin qui tutto bene, missione compiuta. Governare il Paese è altra cosa, ora si rischiano danni irreparabili.