di Giuseppe Ortano, responsabile nazionale Carceri e superamento Opg Psichiatria Democratica
La sentenza della Cassazione ha finalmente messo la parola fine alla immane tragedia di Francesco Mastrogiovanni, morto nella più assoluta solitudine della afosa notte del lontano 4 agosto 2009, legato per ben 87 ore ad un letto nell’Ospedale di Vallo della Lucania senza aver mai potuto avere il conforto di un viso amico.
Il deposito delle motivazioni della sentenza non lasciano più ombra di dubbio. E ‘ stata sancita definitivamente la responsabilità dei medici e degli infermieri del servizio psichiatrico per il reato di sequestro di persona. II primo impulso sarebbe quello di tacere, riferendomi a tutto quello di cui Franco non potrà mai più farci partecipi, nel mentre sulla sua triste vicenda troppi altri hanno avuto la possibilità di parlare ed esprimere giudizi, spesso anche a sproposito.
Certo non mi riferisco al sacrosanto costituzionale “diritto di difesa”, come principio assoluto di una democrazia che sia degna di questo nome, ma alle tante “ chiacchiere al vento “ che in questi anni si sono avvicendate. Sommessamente proverò a raccontare quella che è stata la mia esperienza, per averne avuto esperienza diretta avendo ricoperto insieme al medico legale Adamo Maiese, il ruolo di consulente tecnico del Procuratore di Vallo della Lucania, Francesco Rotondo.
La mattina del 5 agosto 2009 mi viene chiesta infatti la disponibilità ad accettare l’incarico peritale dal Tribunale di Vallo della Lucania, per il caso della morte “improvvisa” di un degente presso il locale SPDC. Si sospetta, infatti, che la morte del paziente sia avvenuta per le conseguenze del Trattamento Sanitario Obbligatorio cui era stato sottoposto. Dopo qualche titubanza mi reco a Vallo della Lucania, dove mi aspettano un PM “testardo” nella ricerca della verità ed un medico legale che non ha preferito volgere lo sguardo dall’altra parte, assieme ai familiari del deceduto, ad un vasto stuolo di avvocati ed agli indagati.
Era semplicemente accaduto che il medico legale dell’Ospedale di Vallo della Lucania, insospettito dalle lesioni riscontrate sul cadavere, non aveva dato il parere favorevole ai funerali ed aveva denunciato il fatto alla Autorità Giudiziaria richiedendo l’autopsia. Il fatto è che il paziente era stato contenuto, legato mani e piedi, ininterrottamente per più di 80 ore: il tempo intercorso dal momento del ricovero all’avvenuto decesso! Mi viene dunque consegnato un CD contente la registrazione delle 87 ore del ricovero di Francesco Mastrogiovanni. Il video del sistema di sorveglianza, sottoposto a sequestro dai Carabinieri, non lascia spazio a possibili interpretazioni.
Come uno specchio segreto, ci rimanda la lunga terribile inumana agonia di Franco, esattamente come si sono svolti i fatti: solitudine ed abbandono sotto gli occhi di chi non vuole o non riesce a vedere. Il dibattimento durante il primo grado è stato lungo ed estenuante: sempre in bilico, durissimo ed a tratti se possibile offensivo ed umiliante per la memoria del defunto. Si parte subito con l’ affermazione che le immagini restituiscono “… gesti marionettistici “, cercando così di sfruttare la scarsa qualità tecnica del video come mezzo di “discolpa” dei gravi eventi, fino ad arrivare alle assurde impossibili affermazioni che “ il TSO equivale a contenzione”, equivale dunque a sospensione delle libertà individuali ed a perdita dei diritti costituzionali.
Si passa poi a giustificare le gravi manchevolezze, con il pretesto che alla luce dello “ stato di necessità”, non era indispensabile annotare nella cartella clinica le reali motivazioni dell’ avvenuta contenzione. Perché così si fa in emergenza e perché la persona era agitata! Ma il video ci rimanda almeno all’inizio del ricovero una persona che dorme tranquillamente! Si cerca di giustificare la contenzione con l’indicazione da parte dei Carabinieri di effettuare un prelievo di urine per la ricerca di presenza di sostanze stupefacenti. In pieno dispregio, dunque, in piena violazione dei diritti individuali. Si tenta di giustificare i tentativi di Franco di liberarsi come espressione di “agitazione paradossa “, conseguente alla somministrazione dei neurolettici, con una chiara inversione di causa/effetto. Si prova a banalizzare le conclusioni cui come CC.TT. si è giunti, affermando che per un marchiano errore avremmo confuso un quadro anatomopatologico con una sindrome clinica ben definita. Oltretutto, a più riprese si è tentato di far passare il dubbio che alla base di tutto ci fossero chiari “pregiudizi ideologici” che avrebbero falsato un dato di realtà: la contenzione non è un atto medico.
Dunque la contenzione è stata mantenuta, ma non annotata, perché vista l’agitazione post sedazione esistente, si è cercato di tutelare una persona gravemente ammalata, anche per evitare il rischio di possibili cadute. Ci si azzarda persino ad affermare a dispetto di quanto si vede nel video, che il paziente è stato regolarmente ed adeguatamente assistito, accudito ed alimentato. Forse è stato visionato un altro film. Ma ormai tutto ciò appartiene al passato. Dopo la dirompente sentenza di primo grado e la sentenza d’appello, la cassazione ha definitivamente sentenziato che la contenzione non è atto medico. Il suo utilizzo costituisce un mero presidio cautelare che richiede una valutazione del paziente tale da giustificare il ricorso all. art 54 del codice penale, l’esistenza di uno stato di necessità non altrimenti affrontabile.
In sintesi deve esserci una situazione di pericolo che possa configurare un grave ed imminente danno. Ma dovrà esserci una valutazione di proporzionalità e mai potrà trattarsi di una misura precauzionale mantenuta acriticamente.
Senza ombra di dubbio è non può mai essere equiparata al TSO e diventare una pratica abituale e routinaria, come purtroppo con certezza avveniva a Vallo della Lucania. Tuttavia, alla luce dei recenti episodi di morte di pazienti sottoposti a contenzione meccanica ancora una volta appare necessario a voce alta affermarne l’illiceità. Perché emblematico è il caso di Agostino Pipia, deceduto durante il ricovero presso il Servizio Psichiatrico n. 1 dell’ Ospedale S.S. Trinità di Cagliari e che è stato oggetto di una lettera aperta al Garante Nazionale delle persone private della libertà sottoscritta dalle Associazioni “Diritti alla Follia” e “Radicali Cagliari – Marco Sappia”. Su questo caso una analoga iniziativa era già stata presa dai promotori della campagna nazionale per l’abolizione della contenzione “…e tu slegalo subito “. Ed infine perché ancor di più preoccupano le affermazioni, a margine della querelle “ipocrisia nell’affrontare il superamento Opg” versus “criminale nostalgia del manicomio” , che ,con particolare riferimento alla realtà di Castiglione delle Stiviere, porta ad affermare “ la l. 180/1978, salvo modifiche che ignoriamo, impone che i TSO – le contenzioni, in Strutture Sanitarie, possono avvenire solo in corso di TSO – vengano effettuati negli SPDC, non nelle REMS”.