Un grande statista inglese del secolo scorso, sir Winston Churchill, dotato anche di ottimo humor (tipicamente anglosassone), soleva dire degli italiani che “perdono le partite di pallone come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di pallone”. Un giudizio certo severo ma non cattivo, in linea con l’arguzia dell’uomo che dopo aver sconfitto Hitler e vinta la Seconda Guerra Mondiale, perse poi le elezioni. Churchill non gridò allo scandalo né maledisse il destino cinico e baro. Ironicamente affermò che “un grande popolo ha diritto anche all’ingratitudine”. Esiste oggi in Italia un uomo politico che possegga non già il genio politico ed il carattere del grande statista britannico, ma almeno un poco di quel fine ed icastico umorismo? La risposta è certamente negativa. Siamo appunto un popolo che si appassiona più alle diatribe in politica che alle cose serie ed importanti, oltre a legarsi alla tutela degli interessi del momento. Ecco perché mentre la Nazione sprofonda in recessione economica, dopo aver, per anni, rincorso la fine del tunnel facendo scontare lacrime e sangue ai propri contribuenti, la stampa e l’opinione pubblica si accapigliano per il rinvio a giudizio del vicepremier (e leader del Carroccio) Matteo Salvini come se questo atto fosse un affare di Stato in grado di pregiudicare la buona riuscita della politica economica governativa. Insomma vanno formandosi i soliti schieramenti. Per la serie: guelfi e ghibellini, repubblicani e monarchici, comunisti e anticomunisti, berlusconiani e anti berlusconiani, giustizialisti e garantisti, ecc. ecc. Esempi di forti antinomie che possono caratterizzare un’intera epoca politica. Certo qualcosa stride parlando della vicenda Salvini e della Nave Diciotti. Stride, ad esempio, la doppiezza di atteggiamenti di quanti, per anni, sono stati irremovibilmente giustizialisti ed oggi, di punto in bianco, si riscoprono, all’improvviso, garantisti. È il caso del solito M5S che, con questo ulteriore cambio di rotta, completa la metamorfosi cui si è assoggettato pur di godersi l’ebbrezza del potere. Stride, inoltre, l’atteggiamento della Lega che, dopo gli incidenti giudiziari di Bossi, aveva assunto un atteggiamento moralistico ed intransigente votato verso forme di duro giustizialismo più che di garantismo liberale. Caratteristica necessaria, questa, per sintonizzarsi con gli arcigni atteggiamenti politici della destra europea di Le Pen e di Orban. Eppure innanzi all’incombenza di un rinvio a giudizio, seppur per fatti meramente politici, Salvini si comporta come il vecchio Berlusconi: si difende “dal” processo e non “nel” processo. Non certo un bell’esempio per un ministro dell’Interno che ogni giorno ci catechizza sul rispetto della legge, dei magistrati e delle pene certe da scontare. Insomma, per quanto impalpabile l’ipotesi di reato a carico del vicepremier, da questa storia si può trarre un ammonimento politico per le due forze oggi al governo del Paese. Parliamoci chiaro: il consenso elettorale che il M5S ed, in misura minore, la Lega, hanno ottenuto alle urne, è dipeso dalla tambureggiante campagna d’odio montata contro una classe politica corrotta e sfrontata che non voleva farsi processare da giudici integerrimi. Chiunque avesse anche solo osato accennare alla tracimazione dei poteri concessi alla magistratura inquirente, veniva sistematicamente offeso come soggetto potenzialmente colluso col malaffare. Non è un caso, d’altronde, come l’unica riforma del sistema giudiziario introdotta dal governo giallo-verde, quella che prevede la soppressione della prescrizione per taluni tipi di reati, sia quella di un ulteriore potere concesso alle toghe, sempre e comunque esentate dal rendere conto a chicchessia di loro eventuali errori, se non ad un “foro” interno composto da colleghi magistrati, come è, appunto, il CSM. Nelle carceri italiane marciscono venticinquemila detenuti in attesa di giudizio più della metà dei quali sarà assolto. Con la cancellazione della prescrizione moltissimi resteranno inquisiti per decenni e come tali resteranno dei mascalzoni agli occhi dell’opinione pubblica. La maggioranza dei detenuti in attesa di giudizio resta in carcere in applicazione della obbrobriosa procedura giurisprudenziale derivata dell’accusa di concorso esterno che sovverte l’onere della prova e conferisce agli accusatori pubblici la piena gestione dei pentiti. E lorsignori al governo cosa fanno? Dopo aver rotto i timpani all’Italia intera facendo la faccia feroce sulla dura legge, si autoassolvono utilizzando quelle prerogative d’immunità parlamentare (giustissime e sacre) contro le quali hanno gettato fango per anni! Insomma gli inasprimenti della legge, l’allungamento dei processi e della preventiva carcerazione valgono solo per i fessi non per i potenti. Nel mentre Salvini si sottrae al processo con i voti dei grillini che, come simbolo di partito, dovrebbero ora adottare quello del mitologico Giano Bifronte. Intanto la recessione avanza ma cosa importa? Tanto c’è il resuscitato Stato Pentalone che elargisce sussidi di cittadinanza, ovvero paga chi non lavora e tassa coloro che lavorano. Churchill promettendo lacrime, sangue e sudore, lottò senza tregua contro il Nazismo e lo vinse, ma tutti, non solo lui, versarono, in egual modo, quel pesante tributo sull’altare della libertà dei popoli. Nessuno ne fu esentato. Lorsignori invece no: si facciano processare.