Secondo il mito greco, erano due i Dioscuri, Castore e Polluce, nati da Zeus che aveva sedotto la bella ninfa Leda trasformandosi in cigno. In genere il termine viene utilizzato per intendere due persone che hanno qualità e capacità identiche. E chi più dei due attuali vicepremier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, meritano tale appellativo? Ma in questo articolo parleremo della cosiddetta “decrescita felice” teorizzata dal M5S e, più in generale, da quella rumorosa minoranza che da anni “anima” le piazze del Belpaese e che va sotto il nome di “antagonisti”.
Una schiera, quest’ultima, portatrice di una visione olistica della vita umana che avrebbe dovuto mantenersi lontana dal progresso tecnologico, dallo sfruttamento delle risorse naturali, dall’induzione consumistica che le società opulente orientano verso beni e generi ritenuti voluttuari.
Si tratta, a ben vedere, di una critica al capitalismo, all’economia di mercato, ai bisogni ritenuti superflui e discriminanti in quanto generatori di diseguaglianze sociali: un implicito invito a perseguire modelli di società più povere ma più eguali. In pratica, l’eterno errore ideologico di confondere la condizione umana di eguaglianza come condizione di implicita giustizia, ovviamente sociale, che ha come conseguenza l’idea erronea che basti combattere la ricchezza per ripianare le disuguaglianze.
Sono anni che questa mentalità dilaga tra le élite soprattutto di sinistra. Ma ora si è allargata a macchia d’olio finendo per essere alla base dell’odio e del rancore sociale verso chiunque sia descritto come più ricco. Un diffuso convincimento che tutto sia etico se serve a riequilibrare e livellare la condizione sociale, ivi compresi i diritti acquisiti e garantiti dallo Stato. Un giacobinismo alle vongole, quello in salsa grillina, realizzato edificando barricate con l’uso sapiente dei social, aizzando i ceti più disparati contro le istituzioni politiche e le classi dirigenti, causa di malaffare e prevaricazioni sociali, la cosiddetta “casta”.
A nulla vale evidenziare a tali pseudo avanguardie culturali, che il progresso merceologico e quello tecnologico hanno allargato la base di coloro che hanno raggiunto migliori di condizioni di vita. Fabbriche e cantieri creano occupazione ed allargano la base della ricchezza. Il progresso produce generi a basso costo accessibili a tutti e da tutti utilizzati. Un clima di libertà e di diritti civici nel quale si è potuto sviluppare un sistema che progressivamente ha pressoché cancellato l’indigenza, concedendo a tutti di soddisfare i bisogni elementari (vestiario, cibo, cure, casa, istruzione).
Non una tirannia di malfattori, ma una democrazia occidentale con tutti i pregi ed i difetti che essa comporta. Non è un caso che il paniere ISTAT, che misura la qualità degli indicatori del benessere di vita, contenga oggi, tra le altre cose, generi come iPhone, IPad, vacanze, tecnologia. Una povertà del tutto diversa, dunque, dalla indigenza di un tempo, che si rintraccia tra i redditi di quelle famiglie ritenute più povere perché non possono entrare in possesso di questi “beni voluttuari” che diventano anche un distintivo sociale. Chi ha diffuso l’idea della “decrescita felice” e del contrasto a tutte le grandi opere e progetti, interpretandola anche politicamente, negli ultimi anni, in Italia, è stato il Movimento protestatario di Grillo e Casaleggio.
Quel M5S che elargisce promesse di sussidi al popolo e di converso, si oppone a tutte quelle grandi opere che avrebbero potuto avere un impatto positivo (volano economico a parte) sulla qualità della vita proprio dei ceti cosiddetti meno abbienti.L’ignorante si affeziona a tutte le proprie idee, perché appaiono, ai propri occhi, semplici e realizzabili. Di conseguenza diventa naturale predicare l’inutilità del sapere e dell’esperienza per governare la Nazione.
Il risultato di questo modo di pensare e di governare è sotto gli occhi di tutti. Ci troviamo, dopo un anno di governo a “decrescita felice”, ultimi in tutte le classifiche economiche in Europa. I quattro spiccioli dati, non si sa ancora a chi e per quanto, sotto forma di reddito di cittadinanza, occultano la reale perdita di ricchezza della Nazione. Quanto durerà e che guasti provocherà questo piano inclinato sul quale scivoliamo, non è dato sapere.
A don Luigi Sturzo, all’indomani del primo governo Mussolini, fu chiesto quanto sarebbe durato il Fascismo ritenuto provvisorio, poiché composto, per lo più, di avventurieri e reduci, scarsamente adatti alla guida del Paese. Il fondatore del Partito Popolare Italiano rispose: “_Durerà una generazione. Il tempo che la gente tocchi gli esiti della stoltezza_”. Un vaticinio che speriamo non si ripeta. Sarebbe infatti triste immaginare i nostri nipoti sotto il governo del Dioscuro di Pomigliano d’Arco.