REGGIO EMILIA – Sono i figli di Francesco Amato i tre fermati di questa mattina. Sono ritenuti responsabili degli incendi e delle minacce perpetrate nei confronti di alcune pizzerie della zona.
Dalle minacce ai fatti, la paura dei commercianti locali
Un’escalation di violenza incredibile, come mai si era visto forse fino ad oggi. C’è chi parla di guerra tra bande, c’è chi invece considera quelle sparatorie, quelle intimidazioni, quegli incendi testimonianza dell’attività della criminalità organizzata. Questo perché il capoluogo reggiano è appunto lo scenario del maxi processo ‘Aemilia’ contro la ‘ndrangheta del nord Italia. E fa pensare (e molto) quanto Antonio Valerio, collaboratore di giustizia, aveva detto alla Corte alla fine del procedimento: “A Reggio Emilia siete tutti sotto scacco. Non illudiamoci che la cosca verrà eliminata con le condanne, perché altri ‘ndranghetisti fuori si stanno riorganizzando con mezzi e metodi diversi. Dovranno sparare se vogliono il comando, come abbiamo fatto noi cutresi nel Novanta”.
Gli episodi
Parole che sembrano quasi profetiche pronunciate nell’ottobre scorso alle quali sono seguiti i fatti.
Due settimane, questo il lasso di tempo nel quale prima sono state colpite due pizzerie con spari nella notte. Poi i bigliettini di minacce ai gestori. E ancora un locale incendiato, tre auto e un furgone bruciati con la benzina versata sui seggiolini dai finestrini spaccati in un parcheggio.
A Reggio Emilia l’attenzione è altissima tant’è che qualche giorno fa il prefetto Maria Grazia Forte aveva riunito il comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico. A quel tavolo di consulto hanno partecipato il questore Antonio Sbordone, i comandanti di carabinieri e guardia di finanza Cristiano Desideri e Roberto Piccinini, e il procuratore capo di Reggio Emilia Marco Mescolini. Hanno fatto il punto sulle indagini che, dopo i fermi di stamattina, continuano senza sosta.
Amato family
Il papà dei tre fermati, Francesco Amato, lo scorso 31 ottobre, ha incassato una condanna a 19 anni e un mese di reclusione. A trascinarlo in tribunale è stata la maxi inchiesta ‘Aemilia’. E’ accusato di essere uno degli organizzatori della cosca ‘ndranghetistica attiva a Reggio Emilia.