ROMA – È un’edizione da record la novantunesima dei premi Oscar e sarà ricordata come un inno alla diversità. A vincere il miglior film è ‘Green Book’, una commedia su un’improbabile ma ricchissima amicizia tra due americani negli anni ’50, uno di origini italiane (Viggo Mortensen) e uno di origini africane (Mahershala Ali). È l’anno più ‘black’ di sempre con 7 premi andati ad afroamericani. Ed è anche quello in cui il Messico è protagonista grazie a ‘Roma’ di Alfonso Cuaròn (che vince Miglior Regia, Fotografia e Film Straniero). Proprio nei giorni in cui negli Stati Uniti il dibattito per la costruzione di un muro al confine è più acceso che mai.
Record negativi e positivi, conferme dei pronostici e qualche sorpresa. Arriva, ad esempio, l’annunciatissimo premio a Rami Malek come miglior attore protagonista per essersi trasformato in Freddie Mercury in ‘Bohemian Rhaspody’. “Sono un americano di prima generazione, figlio di egiziani”, ci tiene a ricordare. Sottolineando la vicinanza con il mitico frontman dei Queen di cui ha vestito i panni: anche lui era figlio di immigrati. I pronostici però subiscono un ribaltone nel caso della miglior attrice protagonista. Non vince Glenn Close che, alla settima candidatura agli Oscar, resta ancora una volta a bocca asciutta, nonostante con la sua performance in ‘The Wife’ abbia portato a casa tutti i premi collaterali della stagione (dal Golden Globe al SAG Award). A ‘rubarle’ la statuetta non è neppure Lady Gaga (seconda a poter ambire alla vittoria secondo i pronostici). Ma un’inaspettata Olivia Colman per la sua straordinaria interpretazione in ‘La Favorita’.
Se a Glenn Close è andata male, altri candidati si sono riscattati dopo tantissimi anni. Ruth Carter, per esempio, storica costumista di Spike Lee, che dopo oltre 30 anni di carriera vince il suo primo Oscar con la Marvel, per i costumi di ‘Black Panther’. Una statuetta che entra immediatamente nella storia del cinema: è il primo Oscar ai costumi mai assegnato a un’afroamericana. Lo stesso Spike Lee porta a casa, dopo 5 nomination, il suo primo Oscar competitivo (ne aveva vinto uno alla carriera nel 2015) per la sceneggiatura non originale di ‘BlacKkKlansman’.
Riceve la statuetta dalle mani del suo amico Samuel L. Jackson e, appena sale sul palco, gli salta in braccio e lo stringe forte. Poi ringrazia l’Academy e fa l’unico discorso politico della serata ricordando che le “elezioni del 2020 sono alle porte, possiamo scegliere l’amore e non l’odio”. Continua l’ondata di premi agli afroamericani con i due Oscar agli attori non protagonisti. La miglior interpretazione femminile è quella di Regina King in ‘Se la strada potesse parlare’, quella maschile invece è la performance di Mahershala Ali in ‘Green Book’. Una statuetta, quest’ultima, che fa entrare Ali nella storia del cinema: è il secondo attore afroamericano, dopo Denzel Washington, ad aver vinto due premi Oscar.
Riscatto anche per il Messico, che, dopo 9 candidature, vince per la prima volta l’Oscar come Miglior Film Straniero grazie a ‘Roma’ di Netflix, diretto da Alfonso Cuaròn, che concorreva anche come Miglior Film. Il lungometraggio porta a casa altri due premi, entrambi vinti da Cuaròn: quello per la Fotografia e quello per la Miglior Regia.
Un’edizione, quella degli Oscar 2019, in cui la musica – come prevedibile – ha avuto un ruolo molto importante. Sono stati i Queen, insieme ad Adam Lambert, ad aprire la serata con un medley delle loro canzoni più note. E musicale è stato anche il momento più toccante della serata. Quello dell’esibizione di Lady Gaga e Bradley Cooper, che hanno interpretato dal vivo ‘Shallow’. Il brano scritto per ‘A Star is Born’ che si è aggiudicato l’Oscar per la Miglior Canzone. Sul palco solo loro due e un pianoforte, senza orprelli o effetti speciali.
L’intensità della performance è stata palpabile e l’intero Dolby Theatre si è alzato in piedi per applaudire: una standing ovation che ha fatto commuovere Lady Gaga. “Sappiate che è stato il frutto di un grande lavoro”, ha detto la cantante ritirando l’Oscar con le lacrime agli occhi. “Ho lavorato tanto e per così tanto tempo, non è questione di vincere: se hai un sogno combatti per realizzarlo, non importa quante volte verrai rifiutato”.
Corinna Spirito (LaPresse)