MILANO – “Pago ancora oggi per aver detto la verità su Berlusconi”. É stato questo lo sfogo che Imane Fadil, il 14 gennaio scorso, ha affidato alle telecamere di Repubblica tv. Al termine dell’udienza nella quale il Tribunale aveva deciso di non ammettere lei, Ambra Battilana e Chiara Danese come parti civili nel processi Ruby ter. “Tutto questo è iniziato quando avevo 25 anni e oggi ne ho 34- aveva detto la modella marocchina – . Ho sempre detto la verità e ho respinto tanti tentativi di corruzione da parte di Silvio Berlusconi e del suo entourage. Oggi non è una bella giornata”. “Per ciò che succedeva ad Arcore noi abbiamo pagato più di tutte quelle che – precisava la ragazza – hanno deciso invece di farsi corrompere”.
Secondo gli investigatori, i sintomi della Fadil sono compatibili con l’avvelenamento
Quando Imane Fadil, la modella marocchina 34enne testimine chiave del Rubygate, il 29 gennaio scorso si è presentata all’Humanitas di Rozzano, alle porte di Milano, era in condizioni”gravi”. E i suoi sintomi erano compatibili con quelli di un avvelenamento. A quanto si apprende da fonti vicine alla struttura ospedaliera, inoltre, la ragazza non si è mai ripresa durante tutta la degenza, durata circa un mese. Ed è stata prima ricoverata in terapia intensiva e poi in rianimazione, ma le cure non hanno avuto l’esito sperato. Le cartelle cliniche della modella sono state consegnate alla Procura di Milano. Che dopo il decesso della modella marocchina ha aperto un fascicolo per omicidio volontario. I magistrati milanesi sono stati avvertiti del suo decesso solo una settimana fa. Quando il fratello della Fadil e il suo avvocato si sono presentati in Procura spontaneamente.
(LaPresse)