ROMA– Possono scoppiare guerre civili in Libia, ne possono aprire anche 50 di processi contro Matteo Salvini, ma la sua linea non cambierà: i porti devono restare sigillati. Il vicepremier lo ripete alla radio, poi al question time alla Camera, infine a Perugia, dove festeggia le dimissioni della governatrice dem Catiuscia Marini.
I rapporti rimangono freddi, gelidi
A Montecitorio, Salvini incrocia -ma non saluta- la collega alla Difesa Elisabetta Trenta. Anche lei quasi lo ignora. La ministra indicata dai 5 Stelle si sarebbe fatta portavoce di alcuni vertici militari che, sotto traccia e in maniera informale, avrebbero espressio preoccupazione per una direttiva del Viminale. Il documento chiede esplicitamente di vigilare sulla nave Mar Jonio, gestita dalla Ong Mediterranea Saving Humans.
Il vicepremier replica negando i dissidi
“Mi fa i nomi e i cognomi di questi generali?”, chiede durante un’intervista radiofonica, per poi continuare: “Si dice, di narra, pare…per questo ho smesso di leggere i giornali, tranne la Gazzetta dello Sport”. Poi, a Montecitorio per rispondere al question time, ribadisce: “Non mi risulta nessun tipo di irritazione, di nessun vertice”. Anzi, ci sarebbe “perfetta sintonia” con il ministero guidato da Trenta.
Lo Stato Maggiore della Difesa non entra nel merito, diffonde uno scarno comunicato e tenta di dissipare la polemica ricordando che le Forze Armate “sono uno strumento tecnico operativo, al servizio del Paese”. Di conseguenza, ogni loro attività viene svolta “in aderenza alle indicazioni politiche e secondo la prevista linea gerarchica”.
Trenta, anche lei alla Camera per rispondere al question time, ribadisce che, se la situazione libica dovesse precipitare, l’Italia sarebbe obbligata ad intervenire dal diritto umanitario. Non solo. “Il pericolo che possano aumentare gli sbarchi è reale, ed esige una soluzione di ampio respiro regionale ed europeo”, sottolinea.
La Libia può esplodere, e causare molti problemi
Il terribile scenario è stato al centro di una conversazione telefonica tra il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump. Palazzo Chigi sottolinea che anche alla Casa Bianca c’è preoccupazione per l’escalation sul terreno e per i rischi di una crisi umanitaria. Conte e Trump hanno concordato di mantenere un filo diretto per individuare una soluzione sostenibile.
Insomma, l’attenzione resta alta, ma forse è esagerato l’allarme per nuovi arrivi sulle nostre coste. Il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, liquida come inverosimile la cifra di 800mila persone pronte a partire, di cui aveva parlato il capo del governo sostenuto dall’Onu, Fayez al Serraj. “A noi non risulta – taglia corto il capo della diplomazia italiana – . E per avere elementi fattuali c’è un punto importante: la Libia ha già attraversato anni fa una fase di guerra molto pesante, e non ci furono mai flussi della portata di cui parla Serraj”.
(LaPresse)