Corte Appello Bologna: “Gessica Notaro privata della sua identità”

Il gesto di Edson Tavares di sfigurare la ex fidanzata Gessica Notaro con l'acido è la "plastica rappresentazione di una meditata, ferma volontà di punire per sempre la vittima privandola non solo della sua speciale bellezza ma della sua stessa identità così da cancellarla agli occhi di chiunque, non potendola 'possedere' egli stesso".

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MILANO – Il gesto di Edson Tavares di sfigurare la ex fidanzata Gessica Notaro con l’acido è la “plastica rappresentazione di una meditata, ferma volontà di punire per sempre la vittima privandola non solo della sua speciale bellezza ma della sua stessa identità. Così da cancellarla agli occhi di chiunque, non potendola ‘possedere’ egli stesso”. Lo hanno scritto i giudici della Corte d’Apello di Bologna in un passaggio delle 51 pagine della sentenza con cui hanno condannato l’ex fidanzato della show girl riminese a 15 anni di carcere. I giudici hanno deciso anche di non concedere a Tavares le attenuanti generiche. Ciò proprio alla luce della “della straordinaria gravità della condotta e del danno e della premeditata insidiosità ” del suo gesto. “Elementi che, se giustificano l’elevata sanzione penale, al contempo si riverberano sulla valutazione della personalità dell’imputato il cui gesto appare plastica rappresentazione di una meditata, ferma volontà di punire per sempre la vittima” sfigurandola con il liquido corrosivo.

La decisione

I giudici sottolineano anche come a tratteggiare la personalità di Tavares concorrano anche i suoi “significativi precedenti” che, “sebbene relativi a fatti non paragonabili per gravità a quelli per cui qui si procede nei suoi confronti, contribuiscono ad illuminarne una personalità pronta a risolvere le situazioni di conflittualità tramite condotte illecite e sopraffattorie”. “Peraltro nessuna frustrazione amorosa, per quanto dolorosa, può contribuire ad attenuare la gravità della condotta qui in esame che, in quanto sostenuta da lucida preordinazione di mezzi e di modi, non si presta ad inscriversi in un contesto emotivo sopraffattorio della razionalità”, aggiungono ancora i giudici.

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