MILANO– “Sembra un negoziatore un po’ naif e credo stia sovrastimando il suo potere”. Incontrando i giornalisti in occasione del suo primo viaggio in Italia, il maggiore teorico della “spinta gentile”, Richard Tahler, non risparmia una stoccata al presidente Donald Trump e al suo modo di condurre le trattative tra gli Stati Uniti e le altre potenze mondiali. Nel farlo, il premio Nobel del 2017 cita un classico dell’economia sperimentale: il gioco dell’ultimatum, quello che mostra come l’offerta più bassa non sia sempre la più intelligente. Ciò dal momento che rischia di essere respinta anche quando questo comporta una perdita per entrambi i negoziatori. “Questa idea di minacciare di tenersi tutto il surplus non funziona nel mondo reale”, sintetizza l’economista. Concludendo che “le tattiche di negoziazione di Trump potevano funzionare nel suo vecchio mondo, ma non credo abbiano dato prova di funzionare nella politica internazionale”.
Le tematiche
Giunto a Milano in occasione del Pfexpo Gold Edition, importante evento formativo dedicati ai professionisti della consulenza, Thaler torna sulle tematiche affrontate nel suo libro più celebre, ‘Nudge: La spinta gentile’. Libro con cui nel 2008 ha teorizzato appunto l’utilizzo dei “nudge”, piccole spinte positive in grado di orientare i comportamenti dei cittadini in modo più efficace rispetto alle regole imposte a forza. “Nel libro abbiamo un capitolo su cambiamento climatico, scritto 11 anni fa”, ricorda parlando dell’attualissimo tema della sostenibilità ambientale, per poi sottolineare che in questo caso “il primo passo non è un nudge ma una carbon tax”. L’effetto delle “spintarelle” – come quella messa in pratica da una azienda americana che invia lettere agli utenti comparando i loro consumi con quelli dei vicini. Ciò può avere un impatto nell’ordine del 2-3%, argomenta ancora Thaler, evidenziando però come anche piccoli passi, in numero sufficente, potrebbero avere un effetto complessivo significativo.
l’invito
Non mancano infine alcune considerazioni più direttamente inerenti al tema dell’evento milanese. “Il fatto che l’educazione finanziaria sia bassa rende il lavoro dei consulenti finanziari ancora più importante”, afferma il premio Nobel, per cui “l’intera industria dei servizi finanziari deve far meglio nel progettare prodotti che facilitino le persone a prendere decisioni valide”. Una considerazione sulla quale gli italiani farebbero bene a riflettere. Secondo un rapporto Consob di fine 2018, n Italia circa il 50% dei risparmiatori ricorre ai consigli di amici e parenti, poco più del 20% si affida alla consulenza professionale ovvero delega un esperto, mentre il 28% sceglie in autonomia. Questo nonostante il paese sia il fanalino di coda dell’area Ocse, quando si parla di alfabetizzazione finanziaria.
di Marco Valsecchi