ROMA – Il contratto di governo parla chiaro, al punto 18 recita: “Politiche per la famiglia e natalità”. Peccato, però, che nella maggioranza manchi totalmente l’accordo. A lanciare la proposta è il ministro Loreno Fontana, che con il suo assegno unico vuole dare dai 100 ai 300 euro per ogni figlio, da zero anni fino ai 26: “Crediamo in questo modo di riuscire a contrastare il calo demografico”. L’esponente della Lega ci sta lavorando da mesi, tanto da aver messo in conto di doverne discutere non solo in patria, ma anche in Europa: “Tenteremo di far capire alla Commissione Ue che gli incentivi per la natalità devono essere considerati come un investimento”. Quello che il titolare della Famiglia e la disabilità non poteva prevedere, però, è che i primi ostacoli sul cammino della legge che ha in mente venissero proprio dagli alleati del Movimento 5 Stelle, dove abbondano i dubbi su costi e coperture dell’operazione. Ma anche perché il capo politico, Luigi Di Maio, sin dai tempi del Congresso mondiale delle famiglie di Verona aveva annunciato di avere altre proposte da presentare sul tema.
Ora che la campagna elettorale è finita, però, anche la pazienza degli uomini del Carroccio ha superato il limite e la risposta non si è fatta attendere. Di certo da via Bellerio non le mandano a dire: “Sorprendenti le dichiarazioni del Movimento 5 Stelle, che l’11 aprile, alla Camera, ha votato per impegnare il governo a istituire l’assegno unico, esattamente la proposta del ministro Fontana”, ma adesso “contestano una misura che hanno promesso alle famiglie italiane. Siano coerenti e diano un contributo a mantenere le promesse”. Nella canicola romana il termometro sale proporzionalmente alla rabbia dei leghisti: “Chi gioca a tombola è il M5S, è un’idiozia dire che la misura costa 60 miliardi”. Anzi, ricordano ai ‘soci’ che “il governo si è impegnato – nella stessa mozione, votata anche dal Cinquestelle – a reperire ulteriori risorse, anche sostenendo lo scorporo degli investimenti pro-famiglia e pro-natalità dai vincoli del patto di stabilità e crescita europeo”.
Da qualche mese, insomma, le due forze di maggioranza sembrano ritrovare un’unità di intenti solo nel pugno duro sulla gestione dei flussi migratori. Perché per tutto il resto dei dossier l’intesa sembra ancora lontana. Tanto che il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, si rivolge direttamente a Di Maio per avere “una risposta definitiva” sull’Autonomia: “Vorrei sapere qual è il testo che loro intendono approvare”. I governatori sono al limite della sopportazione per il dilatamento dei tempi, ma il vicepremier Matteo Salvini continua a predicare calma: “Noi le idee chiare le abbiamo, la Lega è pronta, aspettiamo che tutti siano pronti per fare dei passi in avanti positivi”. Il ministro dell’Interno sa di essere nel pieno di una partita decisiva, peraltro giocata su due tavoli contemporaneamente: quello interno con i Cinquestelle, ma soprattutto quello europeo per la composizione della nuova Commissione Ue.
Ancora non ha digerito l’elezione di David Sassoli a presidente del Parlamento europeo, per questo motivo Salvini ha deciso di non aizzare gli animi quando è ancora in ballo la nomina del membro italiano. Il portafogli dovrebbe essere ancora quello della Concorrenza, e il compito di suggerire il candidato comunque spetta alla Lega (dopo l’exploit alle elezioni europee). Il problema è trovare il nome giusto: le ‘voci di dentro continuano’ a indicare Giancarlo Giorgetti, che ha tutte le caratteristiche giuste per farsi rispettare in Europa. Il problema è che serve come il pane anche in Italia. Sempreché alla fine non ci sia un ‘rimpasto’ o addirittura salti l’accordo di governo, perché fino al 20 luglio questo rischio c’è ed è concreto.
(Lp – Dario Borriello)