MILANO – “A 20 anni avevo l’idea fissa di realizzare qualcosa di importante, e l’impressione che il tempo si stesse accorciando per realizzare questo qualcosa, pensavo di essere in ritardo. Ogni giorno era un giorno in meno”, così Chiara Ferragni si racconta a Grazia, nel numero speciale in edicola oggi, di cui è direttrice ospite.
Dal debutto alla popolarità
Nell’intervista al settimanale diretto da Silvia Grilli, ricorda gli inizi e la voglia di raccontarsi nata nei filmini di famiglia, il debutto sul web, le prime sfilate seguite in piedi, fino agli inviti ai più importanti eventi di moda: “È passato del tempo per ottenere l’invito e anche il ‘plus one’: invito più ‘plus one’, e sei qualcuno”. “Tutti si conoscevano, e nessuno conosceva me”, continua. “Avevo paura di non riconoscere le celebrità, o di vestirmi in modo non consono. Sentivo la gente chiedersi: ‘Ma questa chi è?’. Oppure: ‘Durerà poco, sei mesi e sparisce'”.
Il documentario
E oggi, alla vigilia della presentazione del documentario sulla sua vita Chiara Ferragni – Unposted, nella Selezione Ufficiale – Sezione Sconfini della Mostra del Cinema di Venezia, commenta: “È stata un’esperienza incredibile, quasi una seduta di psicanalisi. Per me, abituata a raccontarmi direttamente, lasciarmi raccontare non era facile”.
La doppia anima di Chiara Ferragni
Di sé rivela una doppia anima: “Da una parte, sul lavoro, mi considero adulta, professionista. Dall’altra, sul personale, bambina precoce. Quando sono rimasta incinta, mi sentivo ragazza madre, giuro, e non perché non ci fosse il padre. Avevo trent’anni, ma ero comunque la prima tra le mie amiche a diventare mamma”. Il bambino è arrivato in un mondo di giocattoli: “C’erano quelli di Fedez”, precisa. E grazie al marito sui social è arrivato anche “un pubblico di bambini di 6-7 anni che prima non mi seguivano, non sapevano nemmeno chi fossi”.
La battaglia contro il cyberbullismo
L’imprenditrice digitale da 17 milioni e 200mila follower è impegnata anche in una battaglia contro il cyberbullismo: “Vorrei realizzare in futuro progetti concreti. Penso alle ragazzine di 12-13 anni, se non più piccole. Le conseguenze ai commenti negativi possono essere devastanti, non solo per l’autostima. Un tempo il giudizio era della scuola, del paese. Ora è del mondo. Se avessi dovuto dar retta agli haters, mi sarei fermata nel 2010. E sì, sarei sparita come dicevano loro”, conclude.
(LaPresse)