Tralasciate le velleità con cui vi hanno presentato le occidentali piattaforme social Twitter, Facebook, LinkedIn e Instagram: connettori di persone che condividono contenuti e quindi parte della loro vita, lasciando le loro tracce online. Tralasciate la poesia di un tramonto che suscita pensieri profondi che volete mostrare alla collettività. Tralasciate il self-branding con cui condividete traguardi lavorativi e personali.
Tralasciate tutto, perché a dettare legge oggi sugli smartphone è un’app sviluppata in Cina che si palesa immediatamente in tutta la sua vacuità. Parliamo di TikTok ed è un fenomeno da 1 miliardo di download che gli analisti concordano essere di difficile utilizzo per gli adulti, ma un giocattolone per giovani in cui l’imperativo è bighellonare. Con un valore stimato di 75 miliardi di dollari (fonte: Il Sole 24 ore) e con oltre un miliardo e mezzo di utenti attivi al mese è difficile immaginare una parabola da meteora per quest’app che ha raccolto il testimone di musical.ly e che consiste nella realizzazione di brevi video con base musicale in cui la regola principale è il cazzeggio nella forma più virale del termine.TikTok per gli addetti ai lavori è un problema. È un problema perché una base così elevata di potenziali persone da raggiungere non può essere sottostimata. Non a caso Matteo Salvini, che per propaganda mangia pane e social, è stato il primo esponente politico di spicco a sbarcare sulla piattaforma. Non a caso, le sue interazioni sono assolutamente lontane da qualsivoglia tema al centro del dibattito nazionale. Sì, ci ha provato a partire con gli “onore alle forze dell’ordine” e “gli immigrati senza documenti non devono entrare”, ma quella roba lì funziona con il suo elettorato più avanti con l’età. Quello che si trova su Facebook e Twitter, appunto. Così al terzo video i suoi strategist suggeriscono altre vie, ed ecco che una mal riuscita imitazione di Alberto Angela gli permette di quadruplicare le visualizzazioni rispetto al video precedente. Il leader del Carroccio, con 15 secondi di flessioni sulle ginocchia sulle note dei Dance Monkeys, ha raggiunto 861mila visualizzazioni, oltre otto volte quelle dell’inflazionato video di stretta di mano agli agenti in fila.
Mentre brancoliamo nel buio su come guadagni di una piattaforma del genere, filosofeggiando sull’attentato ai dati personali che in realtà siamo bravissimi a regalare da soli a chiunque chieda, qualcuno ha già intercettato una nuova fetta d’elettorato (futuro) che parla così, con questo linguaggio. La logica è la stessa per cui Giorgia Meloni si rallegra di essere diventata un meme del web con la sua “Io Sono Giorgia”, al punto tale da farne pubblicamente motivo di vanto, mentre una certa sinistra ancora non ha compreso il colpo messo a segno dalla leader di FdI. Può però un leader politico (o un qualsivoglia altro personaggio pubblico) essere così lontano da contenuti concreti e autorevoli?
Questo è il punto. Forse dovremmo fare autocritica prima di accusare altri. Se ad oggi siamo così poco interessati ai contenuti nel merito, a quelli noiosi, a quelli che richiedono approfondimento o uno sforzo di comprensione, forse è perché la società che abbiamo costruito di quei contenuti non sa che farsene. Salvini slogheggia, gli altri leader politici slogheggiano, le sardine slogheggiano, i sindaci slogheggiano, le piazze slogheggiano, anche il Parlamento spesso slogheggia e i nostri ragazzi, per fortuna o per disperazione, ci ridono sopra. Sperando che vengano su meglio di noi.