NUOVA DELHI – È salito a 21 morti in India il bilancio degli scontri nelle proteste contro la nuova legge sulla cittadinanza, che agevola l’ottenimento della nazionalità indiana a un gran numero di immigrati provenienti dal vicino Bangladesh e dal Pakistan, purché non musulmani, riguardando dunque minoranze religiose come sikh e indù. Oggi si sono tenute nuove proteste: migliaia di persone si sono raccolte in diverse città indiane, a cominciare da Chennai, la capitale del Tamil Nadu (nel sud), e da Patna, nello Stato orientale di Bihar. Una manifestazione è in corso anche a Nuova Delhi, dove dopo il calare del buio i manifestanti hanno proseguito la protesta con i telefoni accesi come torce davanti alla più grande moschea del Paese, la Jama Masjid. Un manifestante è morto oggi negli scontri con le forze dell’ordine a Rampur, nello Stato dell’Uttar Pradesh, nel nord.
Il problema
Le proteste sono scoppiate dieci giorni fa contro la legge sulla cittadinanza, che viene ritenuta discriminatoria contro i musulmani. È stata adottata dal Parlamento indiano l’11 dicembre. L’Uttar Pradesh, con i suoi 200 milioni di abitanti, il 20% dei quali musulmani, è il più popolato dell’India. Dodici delle 21 vittime registrate finora dall’inizio delle manifestazioni sono state uccise proprio in Uttar Pradesh.
LaPresse
India, nuove proteste contro legge cittadinanza: salgono a 21 i morti
È salito a 21 morti in India il bilancio degli scontri nelle proteste contro la nuova legge sulla cittadinanza, che agevola l'ottenimento della nazionalità indiana a un gran numero di immigrati provenienti dal vicino Bangladesh e dal Pakistan, purché non musulmani, riguardando dunque minoranze religiose come sikh e indù.