Usa 2020, Dem spaccati e sfida tra Biden e Sanders al Super Tuesday

Mentre Sanders è emerso nelle settimane sempre più come favorito, la South Carolina ha segnato un'improvvisa svolta con la vittoria di Biden

MILANO – Giornata decisiva negli Stati Uniti in vista delle presidenziali 2020: è il Super Tuesday, il ‘super martedì’ in cui milioni di elettori in 14 Stati dal Maine alla California votano per la nomination democratica. Per chi, cioè, a novembre sfiderà il presidente uscente, il repubblicano Donald Trump. In ballo c’è, oltre a un terzo dei delegati totali che nella convention d’estate a Milwaukee assegneranno la nomination (1.344, negli altri Stati sono 2.635), la sfida tra due visioni del partito.

La sfida Biden-Sanders

Una è incarnata dal senatore Bernie Sanders, autodefinito socialista e voce dell’ala progressista, che ha galvanizzato soprattutto i giovani e parte delle minoranze (come i latinos). Dall’altra l’ex vice presidente Joe Biden, espressione dell’ala moderata, che fatica però a compattarsi. Ma il Super Tuesday è anche il primo grande test per Michael Bloomberg, l’ex sindaco di New York che ha evitato la competizione nei primi quattro Stati, riversando invece più di mezzo miliardo di dollari in pubblicità e operazioni di visibilità. Un metodo non ortodosso e mai sperimentato di cercare il sostegno dei moderati, che ha fatto storcere il naso a molti, anche tra i rivali.

Il ruolo del South Carolina

Mentre Sanders è emerso nelle settimane sempre più come favorito, la South Carolina ha segnato un’improvvisa svolta con la vittoria di Biden. Che prima non aveva buoni risultati e ha puntato tutto sul persuadere l’establishment a schierarsi con lui. Lo hanno fatto l’ex sindaco dell’Indiana Pete Buttigieg e la senatrice Amy Klobuchar, che si sono ritirati dalla corsa e gli hanno dato il loro endorsement. Si è schierato con lui anche l’ex deputato del Texas ed ex candidato Beto O’Rourke, assieme ad altri sindaci, deputati e finanziatori. E poi è arrivato l’asso: l’ex presidente Barack Obama. Se il primo presidente afroamericano della storia Usa non ha voluto dare il suo endorsement nelle primarie, ci ha messo lo zampino un ‘super Pac’ (comitato di appoggio e finanziamento) che appoggia il suo ex vice. Ha organizzato telefonate contenenti un vecchio audio in cui Obama definisce Biden “un leader che vede chiaramente le sfide dell’America in un mondo che cambi”.

Bloomberg a rischio

Le chance di Bloomberg paiono a rischio, se Biden guadagnerà terreno, ma la sua presenza per ora pesa. Nell’ultima settimana l’ex sindaco ha visitato alcuni Stati a sud e ovest, dove i suoi consiglieri credono possa vincere perché gli altri candidati vi si sono dedicati meno. Tra essi Alabama, Arkansas, North Carolina, Virginia, Tennessee e Texas. Intanto, lui ha ammesso che potrebbe non vincere mai nelle primarie, affermando però che potrebbe ottenere la nomination in una brokered convention (cioè se nessun candidato riuscisse a ottenere i numeri per la nomination e scegliesse quindi il congresso).

Il Super Tuesday

Biden affronta il Super Tuesday convinto di poter vincere negli Stati che somigliano alla South Carolina per composizione demografica. Quelli con popolazione ampiamente afroamericana e bianca moderata. Cioè Alabama, North Carolina, Arkansas, Tennessee e Virginia. Sanders ha invece previsto di vincere in California, che ha il numero più alto di delegati della giornata. Conta, come nel Texas altrettanto ricco di delegati, sui bianchi liberal, sui giovani e sui latinos. E gode di ovvio vantaggio nel suo Vermont e nel vicino Massachusetts, dove punta anche a sconfiggere la senatrice Elizabeth Warren, che gioca in casa. A complicare i calcoli, tuttavia, il fatto che un alto numero di voti sia già stato espresso, mentre ancora Buttigieg, Klobuchar e Tom Steyer erano in corsa. Tra essi, 1,4 milioni di persone in California e un altro milione in Texas.

(LaPresse/AP)

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