NAPOLI (di Jonathan Silvestro) – Per il flash mob a cui danno vita ogni venerdì in città, questa volta, a piazza Dante, le attiviste e gli attivisti di ‘Fridays For Future Napoli’ hanno scelto di sfruttare un tema estremamente attuale nell’opinione pubblica italiana, europea e mondiale: quello del Coronavirus. Decisione, questa, mirata a rimarcare l’esigenza di parlare di clima ed ambiente, temi che, in questi giorni e a detta degli attivisti, starebbero passando in secondo piano, piuttosto che continuare ad irrompere prepotentemente nelle agende politiche globali.
“Il problema primario è la crisi climatica” ha detto la referente locale Michela Spina, provvista di mascherina e tenendosi distante circa due metri dagli altri partecipanti. Sono state queste infatti le misure adottate durante tutta la durata dell’evento: insomma una mobilitazione ai tempi del Covid-19. Infatti, nonostante il decreto del 4 marzo firmato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte abbia vietato manifestazioni ed eventi sociali di qualsiasi natura, in luoghi pubblici e privati, le ragazze ed i ragazzi del movimento ecologista si sono comunque riversati in piazza, anche a Roma ed in altre città, scatenando diverse critiche sui social a causa del potenziale rischio di contagio.
Lo scopo della mobilitazione è stato quello di rendere noto, soprattutto ai passanti, tramite cassa e microfono, come la percezione del rischio e la narrazione costruite dai media possano condizionare le priorità di un intero Paese e sul modo di reagire della collettività. L’accusa mossa dai manifestanti ha riguardato soprattutto la presunta riluttanza in questi anni da parte di mezzi di informazione e personaggi politici a trattare l’argomento. Ed è questo il motivo per cui, affermano in molti, anche la crisi climatica dovrebbe essere considerata come un’emergenza a tutti gli effetti, dal momento che pericoli e conseguenze sono ormai diventati tangibili e reali, proprio come quelli di un’epidemia.
A questo proposito, sono stati molti in piazza i cartelli presenti con scritte e riferimenti ai morti per malattie dovute all’inquinamento dell’aria e della terra. Situazione che, hanno ricordato gli attivisti e le attiviste, i cittadini dovrebbero già avere ben chiara in una regione come la Campania, dove per decenni una cattiva amministrazione e malavita hanno speculato, saccheggiando il territorio e condannando i nati in alcune zone ad essere delle vittime dirette della devastazione ambientale. Per esempio, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, solo in un anno sono circa 80.000 nel nostro Paese i decessi dovuti all’inquinamento e al surriscaldamento globale, cifra che potrebbe raggiungere i 250.000 tra il 2030 e il 2050 se si considerano cause come quelle legate alla pessima qualità dell’aria o a fenomeni meteorologici estremi.
La volontà del movimento ambientalista ed ecologista, a cui ha dato inizio nell’agosto del 2018 la giovanissima attivista svedese Greta Thunberg, è dunque quella di far sentire i cittadini e le cittadine di tutto il mondo realmente minacciati da una pericolosa emergenza, per poi costringere leader e stati ad agire di conseguenza per una reale inversione di rotta, proprio come se ci fosse un’incombente epidemia. La pretesa è quella di misure radicali, e le attiviste e gli attivisti sono pronti a rifiutare qualsiasi altra cosa che non ritengano tale, come Greta ha dimostrato qualche giorno fa a Bruxelles alla Commissione Ambiente del Parlamento Europeo, rifiutando l’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni di CO2 entro il 2050, poiché troppo lontano.