Da tempo immemore navigare contro vento e per mari procellosi, è riservato a coloro che hanno spina dorsale. Non a caso il termine “imbecille” deriva dal latino imbaculus, vale a dire persona priva di nerbo e carattere. Trovo l’atmosfera che stiamo vivendo più attigua alla commedia che alla tragedia, pur nel dovuto ossequio e cordoglio nei confronti dei deceduti. Nessun indice di mortalità, infatti, può mai essere considerato accettabilmente basso. Tuttavia una riflessione s’impone. Sono molti e convergenti gli interessi che si sostengono, a vicenda, in questa storia epidemica definita a tinte foschissime da chi ci governa. Cominciamo subito col dire che prima che il contagio da coronavirus deflagrasse, il governo traballava sotto i colpi ed i “penultimatum” di Matteo Renzi e che non erano pochi coloro i quali legavano i tempi delle elezioni politiche alle regionali di maggio. Ora si lavora in necessaria concordia perché un’opposizione più dura e faziosa porterebbe a perdere consensi.
L’esecutivo si esibisce in attività gravose e vive momenti “storici” per rilanciarsi agli occhi degli elettori. Le minoranze tacciono perché il morbo infuria in terra padana e non sale lo Stivale, bensì lo discende da Nord a Sud, rendendo risibili le intemerate passate di Salvini contro gli “untori africani”. E veniamo alla Sanità. Il morbo scoppiato nella più ricca ed organizzata regione italiana, ha messo a dura prova un sistema sanitario pubblico, il nostro, che pure era considerato tra i più avanzati al mondo. Un sistema che avendo parificato la sanità a gestione statale con quella a gestione privata accreditata, aveva potuto esprimere il massimo delle proprie potenzialità. Tuttavia, a causa del debito pubblico, nel corso degli anni, la nostra rete ospedaliera è stata depauperata al Meridione quanto al Settentrione, dai tagli e dal blocco del turnover.
Pensate: ogni posto di rianimazione costa circa 45 mila euro e quindi non è facilmente incrementabile in periodi di “vacche magre”. Ora, con il meccanismo inceppato, gli ospedali al collasso e la penuria dei posti letto, nessuno si è sentito di andare in tv ed accollarsi la responsabilità delle carenze del sistema sanitario e quindi non è rimasto altro che utilizzare l’unica arma possibile per questo tipo di evenienze: l’isolamento diffuso e forzato della popolazione. Drogare la comunicazione sanitaria è un altro fattore complementare e necessario per accreditare la virosi come un morbo inesorabile, sul tipo della peste manzoniana. Comunicare che la mortalità è intorno al 5% è una vergogna statistica. Quella percentuale scende sotto l’1% se il calcolo viene effettuato sul numero reale degli infettati, ovvero quelle decine di migliaia di persone venute a contatto con il virus e poi guarite spontaneamente, oppure degli asintomatici. Un errore grossolano se si tiene conto che l’80% dei contagiati guarisce autonomamente e come tali resta ignoto alle statistiche del SSN. Perché poi tacere sul fatto che vengono erroneamente attribuiti al coronavirus i decessi di soggetti anziani affetti da patologie gravi e che magari scompaiono a causa di tumori, cardiopatie gravi o insufficienze respiratorie croniche? Purtroppo la risposta è tanto semplice quanto verosimile: se i malati gravi colpiti dal coronavirus si possono assistere, tramite la ventilazione forzata (oppure assistita), si giunge al punto di partenza: la mancanza di posti in rianimazione.
Purtroppo non abbiamo farmaci né vaccini, al momento, per affrontare la malattia se non quell’assistenza complessa che solo un reparto di rianimazione è in grado di garantire. Ecco allora che il cerchio si chiude e non potendo adeguare le risposte delle strutture sanitarie alle esigenze straordinarie, occorre la quarantena per diluire nel tempo il contrarsi della malattia. Perché dunque non fare un discorso alla Nazione meno catastrofico pur imponendo le limitazioni ed i vincoli adottati? Perché gli italiani debbono essere equiparati a quella percentuale di furbastri e di disonesti che, si teme, non rispetti le regole? Perché utilizzare il panico come deterrente? Perché questo popolo di cui tutti decantano le virtù nel mondo, deve essere trattato come un ricettacolo di deficienti? In ultimo e non per ultimo: la comunità scientifica attende ancora che sia reso noto il genoma virale e la sequenza genica del virus isolato all’ospedale Sacco di Milano. Un ritardo incomprensibile per la velocità con la quale le tecniche di laboratorio consentono l’identificazione del ceppo. E per dirla tutta: di fronte a quale mutazione del Covid 19 ci troviamo? Può una mutazione determinare, in taluni casi, come accaduto nella SARS, la produzione di proteine neurotossiche? Può essere questa la causa di una così forte incidenza di casi (anche gravi) in Lombardia? Ecco un quesito serio da sciogliere invece delle leggi, che sembrano “grida manzoniane”, propinateci da Palazzo Chigi.