TORRE ANNUNZIATA – Un posto auto occupato con una sedia. E’ il linguaggio simbolico dei prepotenti, di chi si crede più furbo del prossimo. A Napoli e in provincia non è una novità, anzi. In via IV Novembre a Torre Annunziata addirittura un’usanza storica. Si tratta di una pratica assai diffusa. Una prassi avvilente, spesso dai risvolti sinistri. Da lunedì sera drammatici. Sono i dettagli che Maria Adriana, figlia di Maurizio Cerrato, ha raccontato ieri al pm Giuliana Moccia della Procura di Torre Annunziata.
Il papà è stato ucciso sotto i suoi occhi lunedì sera. “Non è corretto dire che mio padre è morto in una lite – la precisazione scritta in mattinata sui social network prima di eliminare il suo account personale – A mio padre è stato fatto un agguato in piena regola solo per difendere me, che ero la luce dei suoi occhi. Mio padre è stato pugnalato e con questa gente non aveva mai avuto a che fare”.
Una versione poi confermata agli inquirenti. Erano circa le 21 di due sere fa quando la ragazza ha imboccato via IV Novembre, al confine con Trecase. Una stradina che assomiglia a un imbuto. Si sarebbe rivelata una trappola. Nello spazio di uno stallo vuoto ha trovato una sedia. L’avrebbe rimossa piazzandola sulla vettura dei presunti responsabili della provocazione. Che non avrebbero preso di buon grado il gesto. Per tutta risposta le avrebbero infatti squarciato una ruota. Poi è arrivato papà Maurizio. Il 61enne si sarebbe subito occupato delle operazioni di sostituzione dello pneumatico.
Mentre cambiava la ruota (nella vicina autorimessa ‘Max Garage’, per stare più comodo e soprattutto allontanarsi dai piantagrane) sarebbe stato aggredito dal ‘branco’ composto da almeno cinque persone. Parenti (sembra) di chi, di lì a qualche istante, gli avrebbe sferrato la coltellata mortale al torace. Prima, però, Maurizio – intervenuto in soccorso della figlia – sarebbe stato anche colpito all’occhio con un compressore (trovato sul posto a differenza dell’arma del delitto).
Una punizione per aver osato proteggere la figlia a sua volta punita per non essersi piegata. “E adesso portalo in ospedale”, la frase intrisa di cattiveria che avrebbe detto qualcuno del ‘branco’ dopo il fendente letale. Quindi la corsa disperata al San Leonardo di Castellammare di Stabia. Una corsa inutile. “Non rilascio dichiarazioni, in questo stato d’animo non riesco. Mi capirà”, ha detto la ragazza raggiunta via telefono ieri pomeriggio.
Aveva la voce graffiata dal pianto: sono bastate poche parole per vedere nei suoi respiri l’immagine di una famiglia dilaniata dal dolore. Un dolore che oggi grida verità e giustizia. Sul caso indagano i carabinieri della compagnia locale, agli ordini del maggiore Simone Rinaldi, intervenuti sul posto negli istanti immediatamente successivi all’omicidio. Già da ieri mattina gli investigatori hanno stretto il cerchio attorno ai responsabili dell’aggressione, arrivando ad ascoltare in caserma anche i familiari del presunto autore della pugnalata. Gente del posto, dice ‘radio marciapiede’. Soggetti che si sono sempre distinti per gli atteggiamenti borderline.