Comunali a Napoli, Scotto ai deluchiani: “Basta strappi e fughe solitarie”

Lo scatto in avanti dei deluchiani sulla candidatura a sindaco di Napoli Gaetano Manfredi è stato un passo falso, così come lo è quello fatto da Matteo Salvini quando ha scelto di far parte di un governo da cui tenta costantemente di prendere le distanze. Ne è certo l’esponente di Leu-Articolo uno Arturo Scotto.

Fuga in avanti dei deluchiani che lanciano la candidatura di Manfredi senza consultare gli alleati. Che ne pensa?

Dinacci a nome di Articolo-1 ha firmato il documento unitario del tavolo della coalizione. Un lavoro complesso che però ha prodotto una novità: le forze dell’alleanza giallorossa sono tutte insieme. Unico caso in Italia fino ad adesso. Le fughe in avanti dei centristi non sono utili, rischiano di incrinare il lavoro fatto e di tirare per la giacchetta alcune personalità che sono un patrimonio della città. Serve procedere con intelligenza e senza strappi. Nessuno può pensare di avere la golden share dell’alleanza.

Leu a Salerno organizza l’alternativa a Enzo Napoli, a Benevento sta con Pa e M5S contro Mastella, appoggiato dai deluchiani. A Caserta pare non vogliate appoggiare Marino. A Napoli, invece, siete con il centrosinistra. Sembra che ogni territorio faccia storia a sé. L’unità del centrosinistra è una chimera?

Noi lavoriamo per il centrosinistra unito. E’ il nostro orizzonte strategico a Roma come sul territorio. Ma il centrosinistra vince se si rinnova. E noi vogliamo lavorare su quel lato del campo. Contano i programmi sempre. Sulla base di questi costruiamo la nostra collocazione.

A distanza di qualche mese qual è il primo bilancio del governo Draghi?

E’ chiaro che stiamo giocando su un terreno di gioco più arretrato rispetto a tre mesi fa. E’ un governo di unità nazionale, composto da partiti tra loro alternativi. Dunque, inevitabilmente i punti di compromesso sono più difficili. Noi siamo dentro con Roberto Speranza per presidiare il territorio dell’eguaglianza sociale, per difendere la scelta del blocco dei licenziamenti, per migliorare ma non cancellare il reddito di cittadinanza, per rifondare la sanità pubblica e universale, per orientare la transizione ecologica e digitale. Stiamo dentro l’esecutivo per fare queste cose su cui non intendiamo arretrare.

Come sta andando la convivenza di forze politiche tanto diverse all’interno del governo?

Questo va chiesto alla destra che gioca un giorno si e l’altro pure a smarcarsi. Senza pensare alle conseguenze sulla vita dei cittadini. Salvini punta a piantare bandierine sempre. Ma ormai lo hanno capito anche le pietre: non è affidabile. Nemmeno per coloro che lui intende rappresentare.

Che pensa dei continui attacchi del centrodestra al ministro Speranza?

Speranza è sotto attacco perché è la personalità più marcatamente alternativa al punto di vista liberista ancora prevalente in larga parte delle classi dirigenti italiane. E’ il ministro che ha messo davanti la sanità pubblica, il principio di massima precauzione davanti alle ragioni del profitto. Era inevitabile che la destra lo prendesse di mira. Perché queste scelte muovono interessi. La propaganda della destra tuttavia non fa i conti con la realtà di un paese in sofferenza. Che vuole uscire dalla pandemia unito e non lacerato. Questa guerra civile sulla pandemia è semplicemente una danza macabra sulla pelle delle persone.

Biden vuole liberalizzare i brevetti vaccinali, l’Europa si è detta d’accordo. Riuscirà a farlo anche l’Italia?

I brevetti sono soltanto un pezzo di una rivoluzione più complessiva che va fatta sui farmaci salvavita. Biden sceglie la liberalizzazione della proprietà intellettuale perché ha capito che il mondo è troppo globalizzato e dunque nessuno stato ce la fa da solo a uscirne. L’immunità di gregge in un paese solo non basta. Se non c’è un’azione efficace sui paesi più poveri il Covid vincerà. Serve allo stesso tempo una ripresa in Italia, ma soprattutto in Europa degli investimenti nella ricerca di base e nella conversione produttiva. Anche se i brevetti fossero tolti domani mattina non abbiamo ancora come “sistema Europa” una macchina industriale in grado di garantire una produzione di massa dei vaccini prima del prossimo anno. Bisogna intervenire qui. Questa è la rivoluzione che serve. L’Europa non può essere ancora una volta indietro sulla grande sfida della ricerca.

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