MILANO – Se non si ha la certezza che ora Patrick Zaki, detenuto in carcere in Egitto, abbia il Covid “dato che in quella prigione non fanno i tamponi”, “siamo certi che l’abbia avuto e che abbia indebolito la sua salute già fragile”. A dirlo Mohamed Hazem, ingegnere informatico, intervistato dal Corriere della Sera sull’amico che oggi compie 30 anni chiuso in una cella al Cairo.
“Le prigioni egiziane sono tra le peggiori al mondo, se i familiari gli mandano del cibo il più delle volte non gli viene dato, anzi viene buttato o rubato. Ha problemi a dormire, soffre ancora dolori lancinanti alla schiena. E nell’ultimo mese la sua asma è peggiorata, temiamo a causa del Covid, per il quale non è stato vaccinato”.
In carcere Zaki “è frustrato, triste e depresso, come comprensibile” e la rete degli attivisti, di cui Hazem è uno dei portavoci, continua a fare pressione sull’Occidente perché lo aiuti a uscire di prigione. “Il regime egiziano è imprevedibile. Possono decidere di arrestarti semplicemente per far paura agli altri. Con Patrick è stato così. Puniscono la libertà, di qualunque tipo sia”, ricorda, sottolineando come non si possa ipotizzare cosa succederà “ma non è difficile essere ottimisti”.
(LaPresse)