BRUXELLES – Non cede Orban alle accuse di Bruxelles e degli Stati membri europei. Anzi rilancia, come se quelle accuse servissero a rafforzare il suo consenso nel paese. Il governo di Budapest non solo non intende modificare quella legge sull’educazione dei minori considerata dall’Unione europea discriminatoria nei confronti delle persone Lgbtiq, ma decide di pubblicare un documento ufficiale in cui si attaccano punto per punto i rilievi della Commissione europea.
L’occasione è il commento al Rapporto sullo stato di diritto 2021 pubblicato dalla Commissione europea poche settimane fa. ‘Per il governo di Orban le richieste politiche della Commissione europea sono al “di fuori della competenza dell’Unione”. Oltre al fatto di essersi basato su “fonti unilaterali e politicamente faziose”, producendo così “rilevazioni inaccurate e tendenziose”, nonché di aver applicato “doppi standard: la discriminazione contro l’Ungheria è ovvia se si fa il paragone con altri Stati membri”. Inoltre, è l’accusa, la Commissione sta commettendo “un abuso di potere” per il fatto di “aspettarsi che gli organi costituzionali indipendenti dell’Ungheria prendano decisioni che essa considera desiderabili su casi specifici, a prescindere da fatti e regole”.
Il governo di Orban afferma che “genuino pluralismo prevale nei media dell’Ungheria, diversamente dal panorama dell’Europa occidentale, ampiamente dominato da canali di sinistra e liberali”, con “una situazione più bilanciata”. Dichiara anche che “la diversità della società civile è evidenziata da circa 60mila organizzazioni della società civile esistenti e operanti liberamente”. Sul rapporto della Commissione sullo stato di diritto, il documento aggiunge che “si tratta di un altro strumento di pressione politica” che “non presenta un ritratto oggettivo e sostanziato” e “non può fungere da base per ulteriori meccanismi o procedure Ue”. Attacchi che sono stati portati all’attenzione del briefing quotidiano della Commissione con la stampa ma ai quali i portavoce dell’esecutivo Ue non hanno voluto ribattere, seguendo la regola di non commentare opinioni o dichiarazioni politiche provenienti dal dibattito interno ai paesi e tantomeno se riguardano la Commissione stessa.
Come se non bastasse, oggi è rimbalzata sui media europei un’intervista alla tv locale Atv in cui il ministro delle finanze ungherese, Mihaly Varga, ha ipotizzato un’uscita dell’Ungheria dall’Unione europea, entro la fine del decennio. L’esponente del governo di Budapest ha detto che se ci fosse un referendum sull’adesione dell’Ungheria all’Ue ora, nel 2021, sarebbe tra coloro che voterebbero sì. “Ma entro la fine del decennio, quando calcoleremo che saremo già contribuenti netti dell’Ue, la questione potrebbe avere una nuova prospettiva. Soprattutto se continuano gli attacchi di Bruxelles sulla scelta dei valori. Torniamo su questo tra qualche anno!”, ha sottolineato. Il ministro ha poi parlato del Fondo nazionale per la ripresa istituito da Orban, una copia del recovery plan nazionale pensato per supplire al ritardo dei fondi europei. “Il cambiamento è che questo non verrà dall’Unione Europea, ma dovrà essere finanziato dal bilancio nazionale. Grazie alla performance degli ultimi anni, la nostra situazione finanziaria è tale che questo non è un problema. Dopo l’approvazione a Bruxelles, ricostituiremo il budget con il contributo Ue in arrivo”.
La Commissione europea ha chiesto più tempo per la valutazione del piano ungherese perché vuole garanzie sulla gestione dei fondi e il controllo della spesa. La linea ufficiale, più volte ribadita, è che la legge ‘anti Lgbtiq’ non ha nulla a che vedere con il piano di ripresa e resilienza. Per quella c’è già una procedura di infrazione aperta. Ma stando al ministro ungherese il Recovery Plan – che per la Commissione rappresenta una conquista senza precedenti per l’Ue che ha mobilitato 750 miliardi in tempi record – non è stata una risposta adeguata. “A Bruxelles, nessuno si preoccupa che, un anno e mezzo dopo la comparsa del virus, siamo ancora solo in fase di approvazione dei programmi di recupero, il supporto non si trova da nessuna parte. È un processo burocratico infinitamente lento. Ci vorranno anni per lanciare programmi seri, a differenza dei paesi asiatici e degli Stati Uniti, che sono concorrenti dell’Europa nell’arena economica mondiale. Anche questa lentezza sarebbe motivo di vergogna a Bruxelles”, ha detto nell’intervista.
Sul rinvio del processo di valutazione del piano di ripresa e resilienza ungherese al 30 settembre, il ministro delle finanze ha parlato di “doppi standard” nell’Ue. “Indubbiamente, il doppio standard funziona, soprattutto nel caso di Polonia e Ungheria, ma anche coloro il cui piano è stato adottato riceveranno sostegno da questo quadro solo in autunno. Fino ad allora, i bilanci nazionali dovranno pagare. Nel caso del piano ungherese, la Commissione europea ha chiesto un rinvio di due mesi, nuove condizioni e nuove domande saranno poste, anche se abbiamo presentato il documento a maggio”, ha detto. Secondo il ministro ungherese gli ostacoli all’approvazione del piano di ripresa ungherese “fondamentalmente non riguardano l’economia”. “L’adozione della legge sulla protezione dell’infanzia a Bruxelles ha suscitato una reazione così forte che ora vogliono includere quei punti nel dibattito. Sia chiaro: ci sono ostacoli politici, non con l’economia o la composizione del fondo di ripresa, ma con la decisione sovrana del governo ungherese e del parlamento ungherese”, ha detto Varga sostenenendo che la legge ‘anti Lgbtiq’ è “in linea con i valori fondamentali dell’Unione europea”.
di Fabio Fantozzi