Giustizia, sì Camera tra distinguo e risse sfiorate. Bonafede: “Orgogliosi delle barricate”

Il finale è già scritto. Dopo le due fiducie votate ieri, la Camera approva il disegno di legge delega di riforma del processo penale. Il tabellone, nell'aula di Montecitorio, consegna ai resoconti parlamentari 396 voti favorevoli, 57 contrari e 3 astenuti.

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse

ROMA – Il finale è già scritto. Dopo le due fiducie votate ieri, la Camera approva il disegno di legge delega di riforma del processo penale. Il tabellone, nell’aula di Montecitorio, consegna ai resoconti parlamentari 396 voti favorevoli, 57 contrari e 3 astenuti. Il risultato ‘rotondo’ a favore della riforma Cartabia, però, rischia di essere bugiardo, fotografando una compattezza della maggioranza in materia che non è nella realtà dei fatti. Lo dimostra il livello di tensione perenne che esplode in liti e bagarre nel corso della lunga maratona di esame degli ordini del giorno.

A far scoccare la scintilla è un odg presentato da FdI sulla responsabilità diretta dei magistrati. Il ddl delega non affronta questa specifica materia, che invece costituisce uno dei quesiti referendari per i quali la Lega, insieme ai Radicali, sta raccogliendo le firme. Il Carroccio, insieme a FI, annuncia la volontà di astenersi, nonostante il parere contrario espresso dal Governo. La maggioranza, insomma, si spacca. “Non si può in quest’Aula prendere delle decisioni diverse da quelle che si assumono in Consiglio dei Ministri, che si assumono all’interno delle Commissioni o che sono il frutto di un lavoro comune”, tuona la capogruppo Pd Debora Serracchiani. “L’opposizione fa il suo mestiere ed è evidente che prova a individuare quegli elementi di criticità e di divisione che ci possono essere su singoli provvedimenti, ma proprio per questo io credo che il comportamento di una maggioranza debba essere improntato alla lealtà”, le fa eco Federico Fornaro, presidente dei deputati di Leu avvertendo i colleghi : “Non si stanno astenendo sull’ordine del giorno, stanno votando in dissenso rispetto all’espressione di voto del Governo”. Ad alzare ulteriormente i decibel dello scontro è, poi, il parlamentare di Iv Roberto Giachetti, che prende di mira gli ex compagni di partito: “Non vi ho visti urlare la lealtà al Governo quando in Commissione, insieme ai 5 Stelle, avete mandato sotto il Governo sul ‘decreto Semplificazioni’ Non vi ho visto appellarvi a questa grande lealtà!”, dice strappando gli applausi dei deputati di Lega e Fratelli d’Italia. Fornaro protesta e allora il deputato renziano lo chiama in causa: “Onorevole Fornaro, mi parla di lealtà al Governo, lei, che ha invitato Travaglio a insultare il Presidente del Consiglio! Ma con che coraggio viene qui”, urla. Si sfiora la rissa, il presidente Roberto Fico richiama tutti all’ordine e i commessi sono costretti a intervenire. L’odg viene poi respinto senza particolari difficoltà numeriche. La maggioranza, però, rischia di andare sotto nel pomeriggio quando viene respinto per soli cinque voti l’ordine del giorno contro l’improcedibilità per i reati ambientali presentato da Rossella Muroni. Polemico, dopo il voto, il capogruppo della Lega Riccardo Molinari.

“Questa mattina ho ascoltato due interventi di due capigruppo di maggioranza che dicevano come il voto di astensione da parte del centrodestra su due odg presupponesse una violazione degli accordi di maggioranza. Ora ho difficoltà a collegare come su un altro odg, un intero gruppo, il M5S, vota contro il Governo e gli stessi gruppi che ci bacchettavano stamattina ora si sono astenuti come il centrodestra”.

Alla fine a votare contro la riforma sono solo FdI e Alternativa c’è. Nel corso delle dichiarazioni di voto, però, nonostante i complimenti che si levano da sinistra a destra nei confronti del premier Mario Draghi e della Guardasigilli Marta Cartabia, i distinguo e le rivendicazioni di correzioni “decisive” non mancano. “Questa non è la nostra riforma – mette subito in chiaro FI – La nostra riforma avrebbe previsto la separazione delle carriere, la responsabilità diretta dei magistrati, la revisione della custodia cautelare, l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione e, certamente, l’eliminazione dell’abuso del trojan”. “E’ questa riforma un punto di arrivo? Assolutamente no. Manca sui riti alternativi, sui quali la Lega ha impedito di intervenire, e sull’ordinamento penitenziario.

Rappresenta uno straordinario punto di partenza”, dice il deputato di Leu Federico Conte. Avrebbe voluto un “rafforzamento più rilevante” dei riti alternativi il Pd, che pur rivendica il merito di aver “disinnescato il siluro” di FI che avrebbe “rinviato sine die la riforma”. Il ‘sì però’ più ‘rumoroso’ è, però, quello scandito da Alfonso Bonafede. “Oggi non c’è alcun trionfalismo. Quello che abbiamo votato non è quello che avremmo voluto, ma grazie al M5S i tempi vengono raddoppiati e per i reati di mafia e terrorismo non c’è improcedabilità. Ministra Cartabia il percorso è ancora lungo – dice l’ex Guardasigilli – Noi continueremo a dare il nostro contributo con lealtà, ma questo non significa essere sempre d’accordo”. A via Arenula e a palazzo Chigi sono avvisati.

di Nadia Pietrafitta

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