MILANO – Banca Mps ha chiuso il primo semestre dell’anno con ricavi pari a 1,56 miliardi di euro, in crescita del 7,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, grazie soprattutto all’aumento delle commissioni nette, pari a 755 milioni (+8,7%), ovvero il miglior risultato di periodo degli ultimi tre anni. Ma non è il solo record. E sono conti che ‘donano’ a una banca di cui nello scenario delle aggregazioni si parla come ‘sposa’ di Unicredit.
Il risultato operativo netto della banca senese è positivo per circa 327 milioni (il più alto dato semestrale degli ultimi 5 anni) a fronte di un valore negativo pari a 149 milioni registrato nello stesso periodo dell’anno precedente. Il contributo del secondo trimestre, pari a 124 milioni, è in calo rispetto al trimestre precedente, che aveva registrato un valore positivo di circa 203 milioni.
Ma Mps fa più che mai rima con risiko. E mentre a Piazza Affari domina la stagione delle trimestrali, il focus è sull’affaire Mps-Unicredit. Per quanto riguarda la banca di Siena, ha chiuso la seduta volando, con +4,85%. Il titolo del gruppo di Piazza Gae Aulenti dal canto suo ha terminato gli scambi a +2,54%, tra i migliori del Ftse Mib.
Tornando ai risultati di Monte dei Paschi di Siena si è assistito anche a un calo anno su anno del margine di interesse, che è sceso del 9,5% a 585 milioni. Il risultato operativo lordo si è attestato a 491 milioni, in rialzo del 30,7%, con un contributo del secondo trimestre in calo di 76 milioni circa rispetto al trimestre precedente. L’utile di periodo della capogruppo ammonta a 202 milioni, contro una perdita di -1.081 milioni conseguita nello stesso periodo del 2020.
Ma dalla conference call di Mps con gli investitori non potevano venire fuori solo le cifre: le sollecitazioni sul tema ‘aggregazione’ non sono mancate nei confronti dei vertici dell’istituto, anzi.
All’indomani dell’attesa audizione del ministro dell’Economia, Daniele Franco, alla Commissione finanza di Camera e Senato in merito alle discussioni in corso tra il Mef e UniCredit e il gruppo senese, per il suo futuro la stessa Mps vede la soluzione della banca guidata da Andrea Orfeo come quella più fattibile.
Lo scorso 29 luglio Unicredit ha annunciato di aver concordato con il MEF i presupposti per una potenziale operazione con oggetto il trasferimento di un perimetro selezionato di Mps a UniCredit. “UniCredit e MEF avvieranno interlocuzioni in esclusiva per verificare la fattibilità dell’operazione – ha fatto sapere l’istituto senese in occasione dei conti – A tal fine, Banca Monte dei Paschi di Siena ed UniCredit hanno sottoscritto un accordo di riservatezza necessario all’avvio dello scambio di informazioni tramite una dataroom, cui UniCredit ha accesso da martedì 3 agosto”.
“Qualora la soluzione strutturale (vale a dire quella di Unicredit, ndr) non dovesse rivelarsi percorribile in un orizzonte di breve/medio termine – precisa Mps – si ritiene che l’operazione di rafforzamento patrimoniale, inizialmente ipotizzata per il terzo trimestre 2021, possa essere temporalmente collocata nel primo semestre 2022”. Tuttavia, l’aumento di capitale potrebbe sollevare dubbi in capo alla Bce sugli aiuti di Stato e per questo questa valutazione “pone incertezze rilevanti sul percorso di rafforzamento patrimoniale della Capogruppo e sulla realizzabilità di un aumento di capitale a condizioni di mercato”.
Guido Bastianini, ad Mps, alla conference call con gli analisti, dopo i conti è stato chiaro: “Non si sta lavorando su un ipotetico aumento di capitale di Mps,la banca sta ponendo attenzione ed è concentrata su una soluzione strutturale”.
E sulla vicenda Mps-Unicredit ha commentato anche il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, a CNBC. “Mps è una società con molte filiali, prestiti e persone. E’ sicuramente una proposta diversa di modello di business. Penso che sia positiva una soluzione per la situazione di Mps, quindi sono positivo rispetto a un consolidamento e a una soluzione”.
Toni diversi dai sindacati, invece. Per Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin “L’operazione di acquisizione, così come è stata ventilata, é parziale e selettiva. L’interesse di Unicredit appare limitato a una parte selezionata della rete commerciale situata nel Centro/Nord Italia”. E la loro domanda è: “Che ne sarà del resto?“. (AWE/LaPresse)