L’Assunta ci guarda con occhi di tenerezza

Nel cuore dell’estate, la mia prima da vescovo di Caserta, mentre le nostre città provano a spopolarsi come prima della pandemia e la gente cerca di ritagliarsi qualche giorno di relax, dopo un tempo lungo un anno e mezzo, certamente duro e per certi versi addirittura angosciante, in cui tanti hanno fatto i conti con paure, malattia e morte, cammino per le strade del nostro territorio, a piedi o in auto e, nel tentativo di conoscere e capire, mi fermo a guardare e a pensare. È la vigilia di Ferragosto – meglio dire della festa dell’Assunta – e le strade, complici le temperature roventi, sono quasi deserte e, pressappoco come ai tempi del lockdown, sono tutte spente le voci della città. Penso alle tante persone incontrate, alle storie ascoltate e alle comunità visitate in questi mesi, e con lo sguardo e la mente, come fanno i genitori quando i figli sono partiti, le accarezzo e le benedico. Terra mia, terra mia, comm’è bello a la penzà. Terra mia, terra mia, comm’è bello a la guardà: così cantava Pino Daniele. Anch’io provo a fare la stessa cosa. E nel pensare, sento nel cuore una profonda tenerezza. Ma sento soprattutto che questo è ciò che fa Dio. Dio ci guarda e ci pensa! Con commozione e dolcezza! Fu questa anche l’esperienza della Beata Vergine Maria. Sì, così ci dirà, domani, nella festa della sua Assunzione: “Dio ha guardato l’umiltà della sua serva”. Maria si sente guardata; sente che Dio, suo Salvatore, la guarda con occhi di tenerezza e si accorge di essere nel cuore stesso del sogno di Dio: un sogno vero, concreto, a tal punto che già le sembra sia realtà. Perciò, con stupore, canta: grandi cose ha fatto – non dice farà – in me l’Onnipotente! Provo a guardare anch’io così, con gli occhi di Dio, e penso a chi è riuscito a ritagliarsi qualche giorno di riposo e sta pensando a ricominciare, ma soprattutto a chi non ce la fa; a chi in vacanza non è andato perché già è una sfida arrivare a fine mese; a chi è in ospedale, in attesa di sapere che cos’è che non va; agli anziani chiusi in casa, o a quelli ospiti – si fa per dire – nelle case di riposo. Penso a chi è solo e vorrebbe lasciarsi andare, a chi sta facendo i conti con un lutto che proprio non riesce ad accettare. Penso a chi lavora sotto il solleone, ma anche a chi il lavoro non ce l’ha; a chi, ostaggio di logiche di ingiustizia e corruzione, vive senza dignità. Terra mia, terra mia… mille volte offesa e abusata, ingannata e delusa, terra sporcata, bruciata e insanguinata, Dio ti guarda e ti pensa. Non lasciarti perciò cadere le braccia, non perdere la voglia di lottare e di credere che si possa cambiare! Sì, non lasciamoci rubare la speranza: terra mia, terra mia, comm’è bello a la guardà / Nun è overo, nun è sempre ‘o stesso / Tutt’e journe po’ cagnà!

+Pietro Lagnese
Vescovo di Caserta

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