I nodi al pettine

La Corte dei conti, la magistratura contabile dello Stato deputata al controllo della spesa, ha aperto, da qualche mese, un’inchiesta per accertare sia gli sprechi che le omissioni riguardanti l’acquisto e l’utilizzo di farmaci monoclonali per la cura del Covid-19. L’indagine si basa (anche) sull’ipotesi che sia stata negata a molte persone la cura precoce che avrebbe consentito loro di guarire e di evitare ospedalizzazioni e morti. A corollario di questa raccapricciante evidenza, gli inquirenti evidenziano anche comportamenti censurabili, dal punto di vista della spesa, con danni erariali considerevoli per le casse dello Stato. Gli è che le autorità sanitarie preposte – l’Aifa (Agenzia italiana per il farmaco) e il Commissariato del governo per gli acquisti e la gestione del materiale attinente alla campagna per fronteggiare l’epidemia virale – hanno rifiutato una fornitura gratuita di anti corpi monoclonali, per una sperimentazione su larga scala, e solo qualche mese dopo hanno acquistato, per la modica cifra di 100 milioni di euro, ben 150.000 dosi di farmaci dello stesso tipo! Peggio ancora, si rileva che di quei farmaci solo una piccola percentuale (2 o 3 %) sia stata utilizzata per la cura dei malati di Covid, nel periodo di massima incidenza della malattia e della richiesta di ricovero ospedaliero. Ne consegue che le scorte giacciono inutilizzate nei tanti frigoriferi degli ospedali.

Ebbene, sapete che ogni flacone di anticorpi monoclonali è stato acquistato a circa 700 euro e può garantire la guarigione ai primi stadi della malattia? Quello che non si sa è che, di converso, una sola giornata di ricovero ordinario viene a costare circa due volte tanto e, di conseguenza, viene rimborsata dal SSN agli ospedali pubblici, al doppio del costo che questi sostengono! Insomma, la spesa per le casse statali calcolata per ogni singolo paziente, risulta essere stata più del doppio rispetto a quanto sarebbe costato un flacone di monoclonali, per ogni giornata di ricovero ospedaliero. Un mare di denaro andato in fumo, come nelle migliori tradizioni del Belpaese, ma che risulta ancor più tragicamente oneroso per il costo pagato in vite umane. Quale sia stato il motivo di fondo degli sprechi forse non lo scopriremo mai a causa della inveterata abitudine a cui va soggetto in Italia l’uso del danaro del contribuente. Quello che, invece, potrà e dovrà essere scoperto è l’incomprensibile omissione da parte del personale sanitario (e di chi lo dirige), sfociata poi nel salato prezzo in termini di deceduti. Tuttavia, una ragione di fondo per spiegare le omissioni ed i ritardi in ambito sanitario, può essere plausibilmente addebitata ad una causa che spesso abbiamo denunciato da queste stesse colonne: quella della pervasiva ingerenza della politica politicante in tutti i centri di coordinamento e comando delle istituzioni sanitarie locali e nazionali. Nei primi tempi della pandemia e nel disorientamento generale, innanzi ad un morbo sconosciuto, che gli scienziati telegenici ed alla moda, avevano battezzato come un “affare circoscritto alla Cina”, alla guida di istituzioni sanitarie decisive erano seduti uomini nominati dai partiti e non selezionati per titoli ed esami. Gente che si uniformava pedissequamente al pensiero del mainstream governativo e che ne sviava finanche gli indirizzi ed i provvedimenti da adottare. Peraltro quelli nominati da parti politiche ritenute avverse al governo in carica, ancorché validi scientificamente parlando, non venivano degnati di credibilità, come accaduto con Silvio Brusaferro, nominato in quota Lega alla testa dell’Istituto Superiore di Sanità.

Ai vertici del Commissariato anti-Covid e dell’Aifa erano in carica esimi funzionari ed esperti, tutti di nomina politica, poi sostituiti da gente del mestiere. Identica situazione nel Comitato Tecnico Scientifico per le politiche sanitarie anti Covid, pieno zeppo di funzionari ministeriali e presieduto da un illustre… pediatra. Un cane che si morde la coda: politica e sanità che si influenzano a vicenda. A differenza delle vicende politiche che sopportano la continua avversità di una perenne modificazione del contesto di potere, quelle sanitarie non possono consentirsi adattamenti di circostanza, sposare tesi e poi sconfessarle di continuo come purtroppo è accaduto in casa nostra. Restano malinconicamente abbandonati nei frigoriferi i farmaci necessari per guarire certamente dal Covid e credo lo potranno essere anche i farmaci anti virali che saranno introdotti sul mercato. La “parola d’ordine è una sola, categorica e imperativa per tutti: vincere” blaterò il Duce del Fascismo nel tentativo di spronare gli italiani alla guerra. Così i nostri governi fanno oggi inneggiando all’unica panacea: quella dei vaccini a ripetizione. Purtroppo, ora che i nodi stanno venendo al pettine, abbiamo appurato, che così la guerra al Covid non la si vince definitivamente. Non fosse altro perché la sede del Governo italiano non ha balconi che affacciano su piazza Venezia.

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