Bologna: canone concordato per risolvere il ‘caro’ affitti, la soluzione di proprietari e inquilini

Gli effetti della pandemia a Bologna non si misurano solo in termini sanitari, ma anche dal punto di vista del mercato immobiliare

BOLOGNA – Gli effetti della pandemia a Bologna non si misurano solo in termini sanitari, ma anche dal punto di vista del mercato immobiliare. A subire maggiori variazioni, da marzo del 2020, sono stati i contratti e i canoni di locazione: in una città che, ogni anno, accoglie migliaia di studenti e lavoratori fuori sede, la possibilità di lavorare in remoto o seguire le lezioni a distanza ha avuto conseguenze notevoli. Il prezzo di una singola, in zone limitrofe al centro, aveva subito un calo del 10% e anche cercare un appartamento era diventato molto più semplice rispetto agli ultimi tempi pre Covid dove il mercato era diventato completamente saturo e moltissimi posti letto erano destinati agli affitti a breve termine su piattaforme di house sharing, come Airbnb. “La scelta – sottolinea il presidente di Confabitare Alberto Zanni – dei proprietari immobiliari di prediligere questo tipo di soluzione è dettata da due fattori principali: non si incorre in problemi di morosità, né di sfratto. Si sentono molto più tutelati”.

Con le fasi peggiori del Covid alle spalle, anche il mercato degli affitti è ripreso, nonostante le prime rilevazioni non permettano di asserire che ci sia stato un aumento nei canoni di locazione, come ricordato sia da Zanni sia da Caterina Vinci del Sicet, il sindacato Inquilini Casa e Territorio. Diversa è, però, la percezione degli studenti che costituiscono una fetta molto importante di questo mercato (solo nell’anno 2019/2020, 87.590 studenti hanno scelto l’Università di Bologna): “Siamo tornati – evidenzia il segretario di Sinistra Universitaria, Stefano Dilorenzo – ai livelli precovid: i prezzi stanno gradualmente aumentando e diventa sempre più difficile trovare un’abitazione o posto letto”. La conseguenza è che molti sono costretti a rinunciare a studiare o a lavorare nel capoluogo emiliano, tanto più che uno stipendio medio, soprattutto se si tratta di uno stage o un part time, difficilmente permette di poter gestire la spesa di una stanza. La soluzione su cui convergono tutte le parti è sicuramente un rilancio del canone concordato che permetterebbe di affittare abitazioni a un prezzo calmierato e non seguendo le oscillazioni di mercato, come invece accade con il canone libero. “Le azioni per il problema degli affitti – spiega Vinci – devono essere politiche. Ci sono già, ma bisogna ampliarle e implementarle: ad esempio, erogare fondi di sostegno attraverso l’emissione di bandi, investire ancora di più sull’edilizia popolare e anche sul protocollo sfratti per morosità incolpevole”. Politiche che agevolerebbero sia lavoratori che studenti. Soprattutto in quest’ultimo caso, aggiunge Dilorenzo: “Una buona soluzione potrebbe essere anche la concessione di incentivi, tipo uno sconto sulle aliquote, a chi attua il canone concordato e un contributo per le manutenzioni degli appartamenti a chi decide di affittare a studenti”. Oppure: “Riqualificare gli appartamenti in disuso, senza costruirne di nuovi: in questo modo si salvaguardia l’ambiente, evitando ulteriore cementificazione, e lo studentato diventa diffuso, uscendo dalla logica del palazzone che accoglie solo studenti”.

Il problema degli affitti è stato molto sentito anche in campagna elettorale ed è sicuramente una delle criticità che dovrà affrontare il neo sindaco Matteo Lepore. Durante il dibattito conclusivo con gli altri candidati, il nuovo primo cittadino ha parlato di “cambiare le regole del canone calmierato” e di battersi per una “regolamentazione degli affitti brevi”, sul modello delle grandi città europee, proprio come richiesto da proprietari immobiliari, inquilini e studenti.

(LaPresse)

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