MILANO – Con le sanzioni la Russia rischia un nuovo default. L’ultimo risale al lontano 1998 generando una forte perdita sul fondo Ltcm che in quell’epoca contava debiti per oltre 100 miliardi di dollari in modo da amplificare gli investimenti e gli eventuali guadagni. Ma finì per acuire le perdite con la Borsa di Wall Steet che precipitò sull’orlo di un crac, salvata poi dalla Fed di New York.
La domanda
Il fatto è che, con le sanzioni la situazione a Mosca sembra precipitare. Le ultime notizie danno lunghe “file di risparmiatori davanti alle banche” mentre la banca centrale “alza disperatamente i tassi raddoppiandoli fino a un soffocante 20%”. Ma la domanda che gli investitori si pongono è: “se esiste un fondo Ltcm del 2022. E, se esiste, dove si nasconde nel mondo”.
La risposta
Secondo i dati della Banca dei regolamenti internazionali, ad oggi la Russia “vanta duemila miliardi di dollari di debiti (banche a parte) e 700 miliardi di debiti sotto forma di bond. Una parte consistente di questi titoli sono in Occidente, senza neppure affrontare il problema dell’esposizione delle società americane o europee su asset azionari russi”. Intanto già da oggi molte “banche e società non finanziarie russe – si evince dai dati – non possano più onorare i pagamenti da esse dovuti all’estero. Operatori occidentali potrebbero subire significativi ammanchi di liquidità”.
L’annuncio
Molte società in queste ore spiegano che “stanno per liquidare a prezzi residuali i loro asset russi: su tutti Bp, il colosso britannico dell’oil & gas, che rinuncia di fatto a attivi in Russia per 25 miliardi di dollari”. Ma non solo. Pare infatti che importanti operatori cinesi mostrano che “stanno rispettando le sanzioni: la filiale di Singapore di Bank of China ha cessato di finanziare perlomeno in dollari: accordi che riguardino materie prime o aziende in Russia. Ma anche Pimco, Fidelity o Blackrock, grandi gestori globali di fortune hanno sicuramente un’esposizione sulla Russia benché piuttosto marginale“.