MILANO – Putin attacca l’Ucraina e i suoi bersagli nucleari, ma il mondo accerchia l’economia russa. Sempre di più. La Borsa di Londra ha sospeso le negoziazioni delle ultime otto società con forti legami con la Mosca che non erano incluse in un elenco di 27 società sospese ieri.
Fra i 27 erano inclusi i giganti dell’energia e delle banche Gazprom e Sberbank, entrambe colpite da veri e propri crolli dei titoli al London Stock Exchange, che aveva fatto sapere che si stava muovendo per bloccare le negoziazioni delle compagnie, che includono anche EN+, Lukoil e Polyus, con effetto immediato “alla luce delle condizioni di mercato e al fine di mantenere i mercati ordinati”. I Depositary Receipt, certificati che sostituiscono le azioni e che consentono la contrattazione sul mercato di titoli emessi su altri mercati finanziari, delle principali società russe quotate sulla borsa di Londra hanno subito nei giorni scorsi ribassi che le hanno portate a perdere circa il 90% da inizio anno.
E mentre la borsa di Mosca restava chiusa, i titoli dei colossi russi hanno esteso le significative perdite sui mercati internazionali.
E poi c’è la scure delle agenzie di rating. Fitch e Moody’s hanno declassato a spazzatura i titoli russi. Poi è arrivata S&P che ha ridotto i propri rating sovrani a lungo termine in valuta estera e locale sulla Russia a ‘CCC-‘ da ‘BB+’ e ‘BBB-‘, rispettivamente, e li ha tenuti in CreditWatch con implicazioni negative. I downgrade sono un po’ il termometro che misura la febbre da sanzioni. Il conflitto militare della Russia con l’Ucraina – ricorda S&P – ha provocato una nuova serie di sanzioni governative da parte del G7, comprese quelle che prendono di mira le riserve in valuta estera della Banca Centrale della Russia. Ciò ha reso inaccessibile gran parte di queste riserve, minando la capacità della CBR di agire come prestatore di ultima istanza e compromettendo quello che era stato – fino a poco tempo fa – il punto di forza del credito della Russia: la sua posizione netta di liquidità esterna. Per mitigare l’elevato tasso di cambio e la volatilità dei mercati finanziari che ne deriva, e per preservare le riserve di valuta estera rimanenti, le autorità russe hanno anche introdotto misure di controllo dei capitali che, a quanto risulta a S&P, “potrebbero impedire ai detentori di titoli di stato non residenti di ricevere i pagamenti di interessi e capitale nei tempi previsti”.
E poi c’è la fuga delle aziende da Mosca, un esodo, dall’energia ai trasporti, dall’auto ai servizi. Ikea, Volkswagen, Lego, Netflix, Toyota, Apple, Bp, Shell, Maersk, Volvo interrompono il business. Burberry, insieme a marchi della moda come Nike, ha sospeso le spedizioni in Russia, interrompendo di fatto le sue operazioni online.
Di Laura Carcano