Ucraina: il lungo viaggio da Kiev a Milano di Natalia e di tanti rifugiati

Dopo "l'ennesima notte passata a dormire completamente vestita nel corridoio", vicino ai muri portanti del suo appartamento a Kiev, svegliata di continuo da "sirene e bombardamenti in lontananza", Natalia Gilevska, 55 anni, ha deciso di "tentare la fortuna e venire in Italia

(AP Photo/Markus Schreiber)

MILANO – Dopo “l’ennesima notte passata a dormire completamente vestita nel corridoio”, vicino ai muri portanti del suo appartamento a Kiev, svegliata di continuo da “sirene e bombardamenti in lontananza”, Natalia Gilevska, 55 anni, ha deciso di “tentare la fortuna e venire in Italia. Lunedì ha preso un treno dalla stazione centrale di Kiev, dopo ore di attesa. Non sapeva bene dove fermasse, sapeva solo che andava a ovest. Con se aveva un piccolo zaino, con il computer, il telefono e i beni di prime necessità. Come lei sono tantissimi gli ucraini che hanno deciso di lasciare il Paese sotto attacco da parte delle forze armate russe. E tanti, come Natalia, hanno scelto di arrivare a Milano e in Lombardia, dove la macchina dell’accoglienza, tra interventi istituzionali e tam tam di associazioni e privati, funziona a pieno ritmo.

“Sono oltre 4.100 i cittadini ucraini che hanno chiesto aiuto al consolato a Milano registrandosi con un apposito modulo, che abbiamo postato sulla nostra pagina Facebook”, racconta il console generale d’Ucraina, Andrii Kartysh. Tra loro, “circa il 95% ha trovato una sistemazione presso i familiari che già risiedevano in Lombardia o presso famiglie italiane che hanno messo a disposizione una stanza o una casa. L’80% dei nostri connazionali che sono arrivati in questi giorni, in ogni caso, aveva un parente, un amico, un contatto in Lombardia o nel Nord Italia”. Altri 2100 rifugiati si sono rivolti direttamente alle istituzioni per chiedere aiuto.

A tutti, entro 48 ore dall’arrivo, è stato chiesto di fare il tampone per il Covid ed è stata data la possibilità di vaccinarsi. In tanti, fanno sapere da Regione Lombardia, hanno aderito. Il Comune di Milano e tutti i comuni lombardi hanno messo a disposizione delle strutture e hanno pensato a dei percorsi di accoglienza per i profughi. Caritas Ambrosiana e tantissime onlus, associazioni, enti religiosi si sono mobilitati. In prima linea, anche le squadre di calcio, Milan e Inter in testa. Per i profughi in arrivo, inoltre, sono stati riadatti 8 ex Covid hotel, di cui 5 a Milano, 2 a Bergamo e uno a Varese.

Per il momento, chi è riuscito come Natalia ad arrivare fino a Milano ha trovato in fretta una sistemazione. Il viaggio di Natalia verso l’Italia, come quello di tanti suoi connazionali, “è stato un salto verso l’ignoto”, racconta. Ad Aspettarla a Milano c’era la figlia Irina, che studia all’accademia di Brera e vive in un appartamento con altri studenti. E mentre la mamma viaggiava in treno, nella notte, fino a Rakhiv, al confine con la Romania, Irina chiedeva ha lanciato una richiesta di aiuto. “Una volta arrivata in Italia – scriveva – mia mamma avrebbe bisogno di un alloggio e di un lavoro”. In tanti hanno risposto: c’è chi ha dato indicazioni sulla via più sicura per lasciare l’Ucraina, chi ha trovato l’organizzazione umanitaria che ha ospitato Natalia la priam notte in Romania o il passaggio in Italia su un pullman, messo a disposizione da una parrocchia toscana, che ha portato in salvo altri 50 rifugiati. Nello spazio di poche ore, poi, Irina è risucita a trovare una sistemazione per la mamma e consulenza legale per ottenere il permesso di soggiorno. E quando Natalia è riuscita far circolare il suo curriculum – è traduttrice e insegna da 30 anni italiano, russo, francese e inglese – sempre grazie al tam tam sui social è arrivata anche qualche proposta di lavoro.

“In questi giorni abbiamo visto tanta generosità – racconta il connsole Andrii Kartysh – e abbiamo chiesto però alle istituzioni italiane di creare un coordinamento per indirizzare meglio l’accoglienza”. A questo proposito nei giorni scorsi c’è stato un incontro online tra la ministra degli Interni Luciana Lamorgese, i sindaci e i prefetti delle Città metropolitane, tra cui ovviamente Milano, dove la comunità ucraina è numerosissima. Le difficoltà maggiori, Natalia e tanti altri rifugiati, le hanno incontrate con la burocrazia e alle complessità legate alla richiesta di asilo. “Non c’è ancora una legge in questo senso – ricorda il console – ma devo dire che il sistema finora ha retto abbastanza bene”, chiarisce il console. Speriamo a breve di riuscire ad organizzarci ancora meglio. Non sarà mia troppo tardi…”, conclude sorridendo.

(LaPresse)

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